«Gasatissimo». Il presidente del Consiglio Matteo Renzi non è mai parco di superlativi e anche di fronte ai progetti, che gli ha presentato l’amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles Sergio Marchionne, si è lasciato andare al rituale entusiasmo. Il premier, ieri, è stato protagonista di un tour de force in Piemonte, da Alba, per il funerale di Michele Ferrero (il patriarca dell’azienda dolciaria), a Torino, un tempo città della Fiat, fino a Moncalieri. Un tour atteso da mesi e continuamente rimandato. Blindatissimo, lontano dalle contestazioni e dalle domande impertinenti. I delegati Fiom e Uilm della Genaral Motors, che avevano preparato una lettera di critica al Jobs Act, non sono riusciti a consegnargliela.

Renzi ha visitato, con i vertici di Fca – il presidente John Elkann e l’ad –, prima il Centro Stile e poi lo stabilimento di Mirafiori, dove è in corso l’attrezzamento della linea di montaggio del suv Levante, modello che gli è stato presentato in anteprima e del quale è rimasto strabiliato: «Il rilancio di Fca sarà sorprendente non solo per i critici ma anche per chi ha sostenuto quel cambiamento». Entusiasmo che non contagia, però, i lavoratori di Mirafiori ormai abituati alla perenne cassa integrazione. «Speriamo – ha commentato a caldo Federico Bellono, segretario torinese della Fiom – che i lavori per Levante, già ampiamente pubblicizzati, si concludano rapidamente, in modo che il nuovo modello, già in ritardo, vada effettivamente in produzione entro il 2015, alleviando almeno parzialmente la cassa. Sottolineo ’parzialmente’ perché è evidente che il suv, parte di quel polo del lusso che abbiamo sempre valutato positivamente, non sarà sufficiente a far rientrare tutti i lavoratori». Corrono, intanto, voci che da Melfi possa arrivare a Mirafiori la Grande Punto, ma se così sarà, sarà solo un tampone temporaneo, essendo un modello destinato al lento esaurimento.

Nel tour di ringraziamento, il premier si è poi diretto nel cuore di Torino dove ha sede il Centro studi di General Motors, concorrente diretto del Lingotto. Azienda in espansione che in un quinquennio è passata da meno di 100 dipendenti a 650, nonostante ci fosse il detestato (da Renzi) articolo 18. Diventando così un centro di eccellenza globale nello sviluppo e sperimentazione dei motori diesel. Il premier anche qui se l’è cavata con una battuta: «Siamo un paese manifatturiero, secondo alla Germania, ma li riprenderemo».

Terza e penultima tappa di Renzi, il Politecnico, per l’inaugurazione dell’anno accademico. «Ci serve un passo in più – ha sottolineato – affinché le grandi università non siano stritolate dai confini amministrativi. Lo dico a Sergio (Chiamparino, ndr): non si può gestire il Politecnico come gestisci un comune di 5mila persone. Una grande università ha il compito di stare non sul mercato ma nello scenario internazionale. Qui c’è il futuro del made in Italy». A fine intervento uno studente, Livio Sera di Alter.Polis, collettivo di Ingegneria, ha tentato di donare al premier un regalo poco gradito: «Contro questo capolavoro di retorica mi prendo la responsabilità di consegnare questo cappello dal giullare». Lo studente è stato allontanato dalla sicurezza. Durante la visita di Renzi al Politecnico, all’esterno un presidio ha contestato le politiche del governo. Presenti diversi collettivi universitari, Fiom, Cub, Usb, Flc-Cgil, Rifondazione e Sinistra critica e qualche bandiera No Tav. Un gruppo di studenti ha bloccato le strade intorno al Politecnico, seguito passo a passo dalle forze dell’ordine in assetto antisommossa.

Infine, il premier si è recato a Moncalieri e tra le fabbriche ha scelto di visitare la Fissore Ceramiche, azienda di famiglia della deputata Pd Elena Fissore. Una tappa non casuale, in vista anche delle prossime elezioni amministrative nel comune piemontese. Applausi, strette di mano, selfie e un «ciao a tutti, come state?» rivolto da Renzi ad alcune decine di cittadini, soprattutto sostenitori, che lo hanno applaudito e chiamato a gran voce. Unico strappo, ovviamente gradito al premier, al blindatissimo protocollo che l’ha protetto, per il resto, da ogni contatto sociale.