Sta andando tutto a carte quarantotto. Di qui a qualche mese torneranno i tecnici al governo. Quelli che io ho combattuto per ristabilire il primato della politica». La profezia di Matteo Renzi esce da una nuova tranche di anticipazioni dell’annuale libro di Bruno Vespa (Rivoluzione, uomini e retroscena della Terza Repubblica, Mondadori). L’ex leader nega che i comitati civici siano la sua exit strategy dal Pd.

Ma il piatto freddo più velenoso è quello che serve a un suo ex sodale, l’uomo-chiave della sua ascesa a Palazzo Chigi. «Quando la mattina del 5 marzo mi chiamò Franceschini per dirmi in modo sbrigativo che dovevo andarmene», racconta, «capii che c’era una parte del Pd che fin dalla notte elettorale immaginava che noi dovessimo metterci d’accordo con i 5 Stelle. C’era un’ala della vecchia sinistra democristiana che si poneva di romanizzare i barbari». La scena ricorda, mutatis mutandis, quella svoltasi nella stanza del premier Letta nel febbraio 2014, a cui Franceschini andava a consegnare analogo benservito.

L’ex ministro ironizza: «Matteo ricorda male, non uso mai un tono sbrigativo». Con i suoi invece usa toni diversi: «La calunnia è un venticello». È il Barbiere di Siviglia. Ma la musica non fa meno pesante il senso.
Così Renzi svela cosa intendeva quando, a più riprese dopo la nascita del governo gialloverde, ha parlato dell’«establishment» che voleva piegare il Pd a M5S. Gli uomini dell’establishment sono nel Pd, al massimo livello. Non sembrano le premesse per il prosieguo della coabitazione.

Quanto all’accordo con M5S, la storia è nota. «Appena vidi che si stava stabilendo una intesa tra Martina e Fico mi accorsi che si era creato un sistema», racconta. Ma nella base Pd «nessuno voleva l’accordo e speravano che fosse troppo tardi per dire no. Questa scelta sarebbe stata una follia e l’ufficializzazione del bipolarismo populista: Lega contro 5 Stelle e noi a fare i portatori d’acqua». Era il 29 aprile, Renzi andò in Rai, alla trasmissione di Fabio Fazio su Raiuno, e fece saltare il tavolo. «Il fuoco amico più che 5 Stelle ha sconfitto il Pd, chi mi ha fatto la guerra sono stati i miei, sempre. Di Maio e Salvini hanno potuto muoversi in totale libertà e autonomia. Io non ho ricevuto alcun sostegno.È una cosa sconvolgente», è lo sfogo.