Il 2014 della politica si inaugura con il varo delle consultazioni parallele. Le fa il presidente del consiglio Enrico Letta a Roma,con la sua maggioranza. Le fa Renzi a Firenze, da dove prepara l’incontro con Berlusconi. Una giostra di bilaterali sulle quali in serata, da La7, il sindaco fa splendere una certezza: «Le elezioni non saranno prima del 2015».

La strada per Letta si fa più semplice. Le sue non sono consultazioni formali, ma quasi. Iniziano dal Colle dove, in mattinata, sale a «ragguagliare» il capo dello stato, dice una nota, del «patto programmatico di coalizione per il 2014» e per annunciargli che lo «terrà informato sull’evoluzione di queste consultazioni». È un linguaggio da crisi, ma la crisi non c’è, per ora. Da Palazzo Chigi si stemperano le formalità: non ci sono precedenti di una situazione del genere. Gli incontri che di qui a venerdì ci saranno con tutte le forze della maggioranza serviranno a definire «perimetro e contenuti del patto» che ricalcano il discorso dell’11 dicembre, quello della fiducia che ha sancito la nascita della (cosiddetta) nuova maggioranza. Alla fine, fra una decina di giorni, Letta riunirà un tavolo di maggioranza e tirerà le somme per scegliere la strada della «parlamentarizzazione» del contratto, con singoli provvedimenti o con un nuovo passaggio alle camere.

Il primo incontro, ieri, è con la delegazione di Scelta civica. All’uscita la nuova segretaria Stefania Giannini parla di «nuova fase della maggioranza». La legge elettorale – Renzi è stato chiaro – resta fuori dal «contratto». «Per noi il confronto prima nella maggioranza su una legge condivisa e l’abbinamento con le riforme istituzionali sono essenziali». Infine, il rimpasto: «Prima le cose e poi i nomi, se i nomi ci sono», butta là Giannini.

Ma nel frattempo va in scena un’altra consultazione. A Firenze, a tavola, fra Matteo Renzi e Mario Monti. Il senatore a vita resta sulle generali («si è parlato delle prospettive strategiche della politica europea ed italiana», solo uno «scambio di opinioni» sulla legge elettorale sulla quale «si è convenuto di approfondire il dialogo in tempi brevi»). Ma il piatto forte è il rimpasto di governo. Monti chiede due ministri per Scelta civica. Renzi appoggia la richiesta, per i suoi non vuole postazioni di prima linea più di quelle che già ha con il ministro Delrio. Ma l’incontro con Monti è più di quello che appare. Scelta civica rappresenta il coté centrista più fedele a Renzi, e il ruolo dei suoi parlamentari nelle commissioni – dove nei prossimi mesi si sposterà il fronte cruciale dell’attuazione del «contratto di governo» – potrebbe essere decisivo. Entro domani Letta incontrerà gli alfaniani e i socialisti di Nencini, che – ’pesanti’ al senato – con ogni probabilità entreranno in gioco nel rimpasto di governo. Ma l’incontro decisivo, ovviamente, sarà quello con Renzi, che potrebbe già svolgersi domani. Il tavolo della maggioranza però non può essere convocato prima della presentazione del job act di Renzi, che avverrà il 16 gennaio alla direzione del Pd.

Ma le consultazioni parallele non sono finite. Forza Italia si riunisce alla camera per una valutazione «tecnica» delle tre proposte di Renzi sulla legge elettorale (Mattarellum, legge dei sindaci, modello spagnolo). Ma la mossa spetta al Cavaliere, va da sé. «Berlusconi deciderà come, dove e quando dare risposte a Renzi», spiega Paolo Romani. Stavolta però l’appuntamento non sarà ad Arcore. Il dialogo con il nuovo Pd renziano è avviato, e questo fa saltare i nervi all’Ncd di Alfano. Renzi si deve confrontare con la maggioranza «non intendiamo provocare ma abbiamo la idee chiare per evitare strappi che nascondono altre volontà», dice Renato Schifani, che chiede sennatamente di aspettare le motivazioni della sentenza della Consulta: «L’unica legge che riteniamo costituzionale allo stato attuale è quella sul modello sindaco, perché la Corte ha dichiarato l’illegittimità delle liste bloccate. Il modello spagnolo è in una lista bloccata e il Mattarellum determina le scelte dei partiti». Il fatto è che «il modello dei sindaci» presuppone un cambio di forma di governo, e cioè una riforma che un parlamento nato da una legge in buona parte incostituzionale non si può permettere.

Ma la responsabile delle riforme Maria Elena Boschi minimizza: «Non credo che Ncd farà venire meno il proprio appoggio al governo per una legge elettorale che potrebbe non andare incontro ai loro desiderata. La legge elettorale si fa negli interessi dei cittadini e del paese, non di un partito o di un altro». E il tempo delle proposte è scaduto. «Ora è il momento di passare ai fatti».