Mancano ormai solo novantasei ore al 28 gennaio, giorno in cui al senato si comincerà a discutere le unioni civili e il Pd rimane un partito diviso. Ieri sono scaduti i termini per la presentazione degli emendamenti al ddl Cirinnà e la scadenza ha sancito in maniera ancora più visibile la spaccatura esistente nel partito di Renzi. Dei 60 emendamenti presentati dal Pd, una decina fanno riferimento all’ala cattolica e riguardano tutti l’articolo 5 del provvedimento in cui si parla della stepchild adoption. Quello preparato dai senatori Lepri e Fattorini torna a proporre la sostituzione della possibilità di adottare il figlio del partner con un affido rafforzato (firmato da 28 senatori). Ma c’è anche una versione soft di quello presentato tre giorni fa dal senatore Stefano Dalla Zuanna che vieta la gestazione per altri. Nel testo depositato (firmato anche da due senatori dell’opposizione) ieri non appaiono più le pene detentive sia per chi fa ricorso alla maternità surrogata, che per chi la favorisce o pubblicizza.
Il lavoro di mediazione fatto in questi ultimi giorni cercando di conciliare le varie aree del Pd, è confluito invece in una dozzina di emendamenti a firma del capogruppo in commissione Giustizia Giuseppe Lumia. Il punto di equilibrio è stato trovato nella cancellazione dal provvedimento dei riferimenti agli articoli del codice civile che rimandano al matrimonio, evidenziando così le differenze tra i due istituti. La stepchild adoption invece resta, ma vengono maggiormente sottolineata l’assenza di qualunque automatismo nell’adozione del figlio del partner e soprattutto il ruolo determinante dei tribunali minorili nella decisione finale. Un lavoro apprezzato dall’ex relatrice della legge Monica Cirinnà. «I tempi sono maturi perché anche il parlamento colmi il ritardo imperdonabile per il quale il nostro paese è stato condannato dalla Corte europea», ha detto la senatrice dem.
Il Pd resta comunque un partito diviso, e non c’è nessuna certezza su quanto potrebbe accadere in aula. Al punto che nella direzione di ieri, nonostante dai cattolici gli fosse stato chiesto di non intervenire sul ddl Cirinnà, Matteo Renzi ha ribadito il suo sotegno alla legge. «Per il Pd non è più rinviabile», ha avvertito durante la sua relazione il segretario-premier. Per il quale va bene la ricerca di un accordo, basta che non porti alla paralisi. «Prima o poi si deve andare in aula e votare».
In difesa del ddl Cirinnà decine di migliaia di persone scenderanno in piazza in cento città italiane e alle manifestazioni parteciperanno anche molti esponenti del Pd e del governo, da Roberto Speranza al ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina. Dalla prossima settimana si tornerà invece a lavorare nel tentativo di limare ulteriormente le differenze. Lunedì si riunisce la bicameralina guidata dalla responsabile Diritti Micaela Campana e per martedì è prevista invece una nuova riunione del gruppo del senato che dovrebbe sancire la libertà di coscienza sull’articolo 5 ma un voto favorevole sul resto della legge. «La libertà di coscienza va bene, ma prendiamo atto e consapevolezza di dove sta il partito democratico», ha ricordato ieri in direzione il sottosegretario alle riforme Ivan Scalfarotto.
Le opposizioni, intanto, si preparano a dare battaglia con la solita valanga di emendamenti. In tutto ne sono stati presentati più di seimila, dei quali cinquemila solo dalla Lega. 300 le modifiche proposte da Forza Italia, 165 gli emendamenti presentati invece da Idea, formazione che raggruppa alcuni ex Ncd come Gaetano Quagliarello e Carlo Giovanardi, e da Popolari per l’Italia. Tredici, e chiaramente di segno opposto, gli emedamenti presentati da Sel, tra i quali uno sui «matrimoni egualitari» che propone l’introduzione del matrimonio tra persone omosessuali.