Mentre la crisi di governo assomiglia sempre più a quello che negli spaghetti western si definirebbe «stallo alla messicana», con tutti i soggetti in campo paralizzati dagli altri, le ragioni della sinistra sembrano scomparire.
Da qui parte la discussione con Nicola Fratoianni, deputato di Leu. «La sinistra deve scegliere da che parte stare – dice Fratoianni – C’è un governo che seppure con molti limiti ha retto una situazione difficile, con provvedimenti che hanno guardato alla tenuta sociale del paese. Penso al sostegno al reddito e al blocco dei licenziamenti. E dall’altra parte c’è la forza politica di Matteo Renzi, che cerca la rottura. Tutto ciò avviene senza argomenti di merito, è evidente che Italia Viva voglia solo logorare Giuseppe Conte».

Tuttavia, da giocatore di poker, Renzi annusa le debolezze o persino la sfiducia dei due partiti principali verso il presidente del consiglio.
La centralità e la popolarità di Conte nel paese possono costituire un ingombro per alcuni. Ma sto al punto. Tutte le forze di maggioranza dicono di stare sul merito delle questioni. Ma una di queste forze, come ha fatto in passato e in barba agli accordi di maggioranza, alimenta una crisi a freddo. Renzi chiede soldi per la sanità ma quando era presidente del consiglio ha fatto i tagli più pesanti al settore. Critica il modello di governance ma al suo tempo ha ridotto ogni spazio di partecipazione e verticalizzato ogni decisione. In questi giorni si sono aperti molti elementi di mediazione sui singoli aspetti di contenuto, su temi che non solo Renzi aveva posto. Ma non è servito.

Vista da fuori, la situazione è paradossale. Forse non si è mai vista una crisi talmente priva di spiragli, elementi di apertura e riflessione. Ci sta dicendo che la situazione è ormai compromessa?
Spero prevalga la ragionevolezza, di sicuro lo spettacolo è inguardabile. C’è un paese che di fronte alla crisi sanitaria e sociale sente il bisogno di tutt’altra risposta. Continuo a sperare e lavorare perché nelle prossime ore la situazione cambi.

Sui soldi del Recovery Plan aleggia lo spettro di quello che accadde dopo la grande crisi del 2008 a livello globale: valanghe di soldi pubblici utili solo a garantire la transizione verso una nuova fase di liberismo.
È un rischio reale. In questa crisi c’è uno scontro. Lo ha incarnato il nuovo presidente di Confindustria indicando una strada fatta di diminuzione dei diritti e dei salari, la più vecchia possibile. Su questo si gioca molto della vicenda di questi giorni e la sinistra deve trovare una voce più forte per indicare investimenti e riforme che abbiano il segno dell’innovazione, della giustizia sociale e ambientale. Deve essere chiaro che la normalità a cui in molti vorrebbero tornare è parte rilevante del problema.

Ma questa è la maggioranza che ha accolto con scandalo la patrimoniale che volevate introdurre.
Questo è il miglior governo possibile alle condizioni date. Ma ciò non significa che non restino aperte questioni su cui rimane una divergenza radicale, serve un’iniziativa nel senso della giustizia fiscale e redistributiva. È una faccenda di buon senso. In Italia la subalternità alla destra sul tema delle tasse resta molto diffusa. Continueremo a porre la questione della patrimoniale, anche con la rete che si è costruita attorno a Equologica. Per quello che mi riguarda questa partita non è affatto chiusa.

Si litiga anche sulla riapertura delle scuole. Che posizione ha?
Trovo incredibile la pressione di molti presidenti di regione contro la riapertura. In alcuni casi sono gli stessi che in nome della sicurezza ritardano le scuole riaprono impianti da sci e settori produttivi, almeno abbiano la decenza di chiudere anche quelli. La scuola non può passare in secondo piano rispetto alle esigenze economiche.