Il governo andrà avanti fino al 2015. Il ministro Franceschini, che è renziano ma è anche il braccio destro di Enrico Letta, lo dice al Tg3: la ’nuova’ maggioranza Letta-Alfano nel 2014 avrà un bel da fare. Affrontare il tema «importantissimo» della legge elettorale e delle riforme istituzionali, ovvero passare a «un sistema monocamerale», le misure anti-crisi; e da luglio, la presidenza Ue. Letta, insomma, porterà il paese «a elezioni nel 2015», e solo a quel punto centrodestra e centrosinistra torneranno avversari. Renzi avvertito dunque, nessuna accelerazione. D’altro canto è un messaggio anche a Letta: dal prossimo giro l’uomo delle larghe intese dovrà lasciare il passo all’uomo di parte, Renzi.

Il 2015, del resto, era anche la scadenza della verifica che Letta aveva indicato al momento del suo insediamento a Palazzo Chigi. Eppure in questi giorni si assiste al pressing del sindaco sul governo, («O fa quello che diciamo noi o finish»), utile a motivare gli elettori alle primarie. Ma anche al moltiplicarsi di renziani sempre più favorevoli al voto in primavera. Questo ha spinto il ministro a mettere in chiaro che la prospettiva di voto a breve non c’è. Anche se è «assolutamente naturale» che le forze che sostengono il governo tirino ciascuno dalla propria parte. «Il governo farà la mediazione migliore possibile». Per Franceschini tutto il 2014 dovrebbe andare così.

È la stessa fotografia che fa Massimo D’Alema, con toni meno amichevoli nei confronti dell’avversario di Gianni Cuperlo: «Non vedo come Renzi possa rivolgersi contro il governo che ormai è in gran parte un nostro governo. Guidato da un leader del partito e sostenuto al 90 per cento dai nostri parlamentari». D’Alema mette il dito nella piaga, e cioè il dilemma che Renzi in questi giorni si va ponendo: una volta eletto, come potrebbe restare segretario per un anno senza farsi logorare? Dalla gestione del Pd, che non ha mai risparmiato trappole ai suoi leader. Ma anche dal rapporto con Letta, che pure dovrà rinegoziare con Alfano – sotto la guida di Napolitano – il programma di governo.

Il leader di Ncd ieri infatti ha provato a ’saggiare’ Renzi. «Vediamo se il primo gesto del prossimo segretario del Pd sarà voler far cadere il governo presieduto dal Pd. Spero che il loro congresso non ricada sugli italiani». Per Alfano, scongiurare il ritorno immediato al voto è stata una condizione per procedere alla scissione. E ora chiede un nuovo «contratto di programma» per l’esecutivo. «Legge elettorale, fine del bicameralismo perfetto, diminuzione del costo del lavoro, premi alla produttività e nuove misure di contrasto all’immigrazione clandestina».

Ma Renzi non si può fare condizionare troppo: «Alfano con 60 parlamentari vuole dettare l’agenda al Pd che ne ha oltre 400. A Roma dicono: nun se po fa», twitta il renziano Marcucci. Le ’aperture’ a destra metterebbero subito in sofferenza il ’nuovo’ Pd. «Ma Renzi può far saltare un governo guidato dal Pd e al 90% sostenuto dal Pd?», ragiona un dirigente veltroniano. Non è argomento che Renzi possa affrontare esplicitamente nel confronto tv fra i tre candidati alle primarie, stasera su Sky.

L’ultima finestra per il voto si chiude in primavera, con le amministrative, prima delle europee di maggio. Quando, verosimilmente, la nuova legge elettorale non sarà ancora approvata. I ’falchi’ renziani affermano – off the record – che tornare al voto con il porcellum modificato dalla Consulta non sarebbe un gran problema. Ma è un ragionamento hard. Tanto più che i sondaggi di questi giorni concordano su un centrodestra, nel suo insieme, in rimonta rispetto al centrosinistra, alleanza che non c’è più e che dovrà, finito il congresso, essere ricostruita. In qualche modo: e il modo è uno dei problemi aperti nel Pd e – soprattutto – a sinistra del Pd, dove anche Sel affronta un congresso difficile.

E c’è anche un’altro problema, per chi spinge Renzi ad accelerare sul voto: lo segnala D’Alema quando dice che il governo è sostenuto «dal 90 per cento dei nostri parlamentari». Tradotto: Renzi, anche volendo spingere verso la crisi, non sarebbe seguito da tutti i suoi. Franceschini, inchiodando l’orizzonte del governo al 2015, lo conferma.

Un Franceschini di pessimo umore nei confronti del suo candidato che ha affidato a un suo uomo, Luca Lotti, l’ultima parola sulle liste delle primarie. E così le liste – ieri sera era il termine per la consegna – compongono un’assemblea nazionale di stretta osservanza renziana. Dunque succederà che, a parte la minoranza cuperliana – anch’essa in pieno conflitto sulle liste – , il vero sostegno a Letta saranno i gruppi parlamentari. Per loro natura, in generale, poco propensi a tornare al voto.