Per qualche giorno la stampa ha riportato la notizia che Renzi avrebbe tagliato (qualcuno aveva detto un dimezzamento) gli F35 per finanziare la riduzione delle tasse ai lavoratori. Più di un anno fa Renzi aveva dedicato un tweet ai soldi buttati per questi cacciabombardieri. Ci speravamo. Ad arte ambienti governativi avevano messo in giro persino la voce che il governo avrebbe contattato il Dipartimento di Stato per spiegare i motivi della scelta e che Obama avrebbe compreso.

Era un bluff. E notizie di agenzia riportavano un possibile taglio delle spese militari di 1,5 miliardi l’anno (per 10 anni) e addirittura la “cessione di una portaerei”. Felici di essere smentiti, ma non si vede nessun taglio in arrivo. La portaerei Cavour continuerà inutilmente (per fortuna) a navigare in giro per il mondo. I cacciabombardieri rimangono quelli -90- e sempre 14 miliardi dovremo spendere nei prossimi anni per acquistarli e produrli. E a livello di annunci sono ancora, al momento, i provvedimenti promessi dal governo. Il consiglio dei ministri ha discusso una “informativa” con delle “linee guida” mentre i disegni di leggere dovranno attendere il giudizio del parlamento. Il motivo è semplice: le coperture sono ancora aleatorie e sopravvalutate. I risparmi della spending review -come ha avvertito il commissario Cottarelli- non sono 7, ma 3 miliardi (sempre che cominciamo a farli). La possibilità di aumentare il rapporto deficit-pil dal 2,6 al 3% non è affatto scontato: la commissione europea non è d’accordo. Qualche problema c’è anche per i capitali da far rientare dalla Svizzera: la discussione in Parlamento si è vistosamente arenata. E così via. Renzi avrebbe voluto fare come il Tremonti di un tempo: spendere subito soldi virtuali, sperando che poi si realizzino i risparmi e le entrate, ma non si può più fare. Bruxelles ci controlla e non si fida di un tweet. Il premier pensava un paio di giorni fa di entrare nel consiglio dei ministri e di presentarsi alla conferenza stampa con i decreti in mano: si è limitato a delle slides e al rinvio al prossimo Documento di Economia e Finanza.

Ovviamente colpiscono i 1000 euro in più in busta paga l’anno per i lavoratori con redditi inferiori ai 25mila euro lordi ed è un bene stanziare ben 5 miliardi per un programma di interventi di edilizia scolastica e per il riassetto idrogeologico: meno bene il rinvio interlocutorio delle misure per il lavoro e la crescita, che vengono previste in un decreto e in un disegno di legge (di cui ancora si conoscono solo i titoli) per il quale bisognerà aspettare diversi mesi. Eppure la disoccupazione è la vera emergenza nazionale.
Il premier si è scontrato con il problema di trovare i soldi. Non ha voluto mettere la tassa sui grandi patrimoni, ma ha alzato -giustamente- al 26% l’imposizione sulle rendite finanziarie mentre non ha voluto tassare le transazioni finanziarie. Non ha voluto andare a prendere i soldi là dove ci sono: nelle grandi ricchezze, nei patrimoni dei privilegiati e nei mercati finanziari. Ma Renzi avrebbe potuto anche tagliare le spese militari e gli F35. Non è successo. Evidentemente la telefonata con il Dipartimento di Stato è andata male o le resistenze dei generali sono state feroci.

Come ha più volte ricordato la campagna Sbilanciamoci si potrebbero risparmiare -in modo permanente- ben 4 miliardi di euro riducendo le spese militari (tagliando gli stanziamenti per gli F35, per le fregate FREMM, per i sommergibili U-212 e riducendo gli organici delle Forze Armate) e si potrebbero incassare qualcosa come 15-16 miliardi mettendo una tassa degna di questo nome sui grandi patrimoni e introducendo una vera tobin tax che con una imposta dello 0,05 su tutti i prodotti finanziari, derivati e titoli di stato. Arriviamo a circa 20 miliardi con i quali finanziare -oltre che il taglio dell’Irpef- anche un vero piano del lavoro o misure di reddito di cittadinanza. Tutto questo avrebbe un impatto sostanziale veramente importante: per la prima volta si taglierebbero in modo sostanziale le spese militari e non la sanità e le pensioni. E poi si darebbe l’idea che la crisi la pagano anche i ricchi e non solo i lavoratori e i pensionati. Tutto questo avrebbe un effetto autenticamente redistributivo che contribuirebbe a ridurre -anche se leggermente- le diseguaglianze nel nostro paese, condizione per far ripartire i consumi interni. Purtroppo, per il momento non è questa la strada che Renzi ha intrapreso. Per quanto poi riguarda gli annunci, aspettiamo fiduciosi.