Il risultato è «impressionante, è «la grande prova di affetto dopo quattro mesi complicati», e ora – sia chiaro – tornerà lui al comando, ammesso che se ne sia mai andato, ma «chi vince vince, chi perde riconosca il risultato. Punto». Ringalluzzito dal risultato smagliante del primo step del congresso del Pd, il voto degli iscritti, Matteo Renzi ora cerca di recuperare lo smalto di un tempo. Enews, interviste radiofoniche, un piano di presenze in tv, un nuovo libro. E l’8 maggio l’incontro a Milano con Obama. I numeri dem stanno dalla sua parte: su 266.726 mila votanti (affluenza al 59,29% degli iscritti), Renzi prende il 68,2% (181 mila, nel 2013 furono 133 mila), Orlando il 25,4% (68 mila, Cuperlo ne prese 116 mila), Emiliano il 6,3% (17 mila). I dati sono ancora quelli del comitato Renzi, contestati dal comitato Orlando al cui portavoce Andrea Martella i conti non tornano: «Secondo le nostre informazioni siamo arrivati molto più vicini al 30 per cento pur non avendo ritirato le liste nei posti dove non ci convinceva la trasparenza del voto». Solo stamattina la commissione congressuale metterà fine al balletto delle cifre.

Ma a Renzi lo storytelling della vittoria non riesce bene come un tempo. Il calo dei votanti c’è: nel 2013 nei circoliarrivarono 295 mila iscritti, in termini assoluti 30mila di più di questa volta. Un calo che potrebbe essere nulla rispetto a quello che si teme per il 30 aprile. Archiviate le previsioni rosee della prima ora, adesso il Nazareno prega per un milione e mezzo di votanti, massimo due milioni. Sotto questa cifra il flop sarebbe evidente.

D’altro canto sopra, invece, potrebbe essere un disastro. Due mesi fa la sondaggista Alessandra Ghisleri ha spiegato aivertici del Nazareno che se alle urne arrivassero più di due milioni di votanti il risultato diventerebbe imprevedibile: non ha escluso l’effetto valanga anti-Renzi, come fu il 4 dicembreal referendum costituzionale.

Quanto alle percentuali del voto interno, l’assenza dei militanti della Ditta ’sballa’ i numeri a favore dell’ex segretario. Ai gazebo le cose potrebbe andare diversamente? Sì, secondo Nicola Zingaretti, presidente del Lazio e grande elettore orlandiano. Che infatti lancia subito l’appello allargando allo spettro dei fan del centrosinistra: «Dobbiamo mobilitare chi crede che solo una forte alleanza e unità delle forze riformiste possa prevalere e vincere di fronte al rischio dei 5Stelle o a quello di una probabile alleanza della destra». La stessa analisi fa dire all’anziano (e saggio) Emanuele Macaluso che grazie a Orlando «si apre una nuove fase politica», «finalmente si apre un confronto politico, e una lotta politica, che ha come protagoniste forze all’interno e fuori del Pd, per costruire un centrosinistra adeguato ai nuovi tempi», ergo «c’è materia per Bersani e soci per riflettere sulla loro iniziativa».

 

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È il prossimo punto d’attacco del Guardasigilli per la sua mission impossible ai gazebo. «Io sto lavorando per non andare a votare con questa legge elettorale, con cui saremmo costretti a fare alleanze con la destra. Credo che vada messo insieme il centrosinistra, non il Pd con pezzi della destra», dice. Argomentazione identitaria che potrebbe avere un suo appeal anche fuori dal Pd. In vista delle politiche Renzi infatti per ora è orientato a fare a meno della coalizione di centrosinistra. Una scelta che implicitamente ammette le larghe intese in parlamento. «Vincerà Renzi? Ma poi perderà le amministrative, le regionali e poi le politiche» dice il portavoce della mozione Andrea Martella. Previsione facile, almeno quella immediata sulle amministrative dell’11 giugno: a Genova il centrosinistra rischia di non battere la destra, a Palermo il favorito Leoluca Orlando cerca una vittoria senza insegne di partito.

Per questo Gianni Cuperlo dal Corriere della sera invita i ’compagni’ della diaspora, quelli di Art.1: «Credo che Bersani darà una mano a unire il centrosinistra. A tanti amici e compagni orfani di un partito diverso, io dico: venite a votare il 30 aprile e aiutateci ad ancorare il Pd alla sua natura e missione. Che non è dividere il campo della sinistra, ma ricucire quello che Renzi ha strappato».

Ma per la Ditta ormai si è compiuta la trasformazione da Pd in PdR, il partito di Renzi. La previsione del ritorno al sistema proporzionale fa il resto. Così se la settimana scorsa Enrico Rossi dalle colonne del manifesto aveva spronato i militanti Pd a votare Orlando, ora fra i dirigenti ex prevale la freddezza verso Orlando: «Non è che per giustificare che stai dentro il PdR devi chiedere a noi di Art.1 Mdp, di andare a votare alle primarie del 30 aprile», scrive su facebook Davide Zoggia. E Alfredo D’Attorre aggiunge: «Per votare alle primarie Pd bisogna dichiararsi elettori del Pd. E i nostri non lo sono più». Bisognerà capire se i militanti ex pd la pensano nella stessa maniera.