«Le modifiche alla legge delega di cui si parla ancora non ci sono. Ma immagino che in commissione arriverà un emendamento del governo che raccoglierà la cosidetta mediazione. Che in realtà è una resa: Renzi ha mediato con Sacconi e l’oggetto della trattativa è la resa di Speranza e Damiano». Giorgio Airaudo, ex Fiom ed oggi deputato indipendente di Sel, da questo pomeriggio sarà sul fronte del jobs act in commissione lavoro.

Renzi non ha fatto una ‘retromarcia’, come sostiene invece una parte della sinistra Pd?

L’unica retromarcia è la loro, una scelta tattica che scommette sul logoramento del premier. Cercano un posizionameno politico, ma intanto il Titanic affonda. C’è un abisso fra le loro piccole correzioni e la realtà del paese. Il segno della legge non cambia. Siamo allo smantellamento finale dell’art.18, a un forte attacco allo statuto dei lavoratori. Quando si aggredisce il demansionamento non si può ridurre il danno. Il danno è fatto.

Gli scioperi Fiom e Cgil e lo sciopero sociale smuoveranno il governo?

Oggi c’è una novità, c’è un’opposizione sociale che si va costruendo, ed è un movimento destinato a durare, se dura la crisi.  Pensare che tutto si riduca alla dialettica parlamentare vuol dire non avere la percezione del paese reale. Hanno fatto bene la Cgil e la Fiom a guidare le mobilitazioni. Chi sciopera ovviamente si aspetta di essere ascoltato. Ma nessuno pensi che si sciopera per un emendamento. Mettersi a discutere sulle causali del licenziamento per motivi disciplinari  è ridicolo. Chi vuole licenziare ormai non ha bisogno della via più difficile.

E’ in atto una saldatura fra sindacati e movimenti dei precari?

Intanto ci sono degli incontri. Le manifestazioni di venerdì dimostrano che il tentativo di divisione fra generazioni non funziona più. Lo stesso coté renziano ha lasciato perdere il racconto dei giovani contro gli anziani. Resta solo Alfano a parlare di ‘fannulloni’, ma si sa che lui arriva sempre dopo.

Cosa dovrebbe fare la sinistra Pd?

Tutta la sinistra dovrebbe preoccuparsi del rapporto con le persone che sono scese in piazza in queste settimane. Ci sono lavoratori che ormai hanno venti ore di sciopero in busta paga. La priorità va data alla rappresentanza di questo popolo. Sono troppo pochi i parlamentari che frequentano queste manifestazioni.

Alcuni avranno paura di essere fischiati.

Intanto andarci significherebbe mettersi in ascolto. A meno che non si vogliano ascoltare solo quelli che ti pagano la cena a mille euro. Per molte persone, dopo sette anni di crisi, non c’è più tempo: non si può più aspettare con un reddito che non consente di campare, oppure inseguendo un contratto precario che non si stabilizza mai.

E’ nato un nuovo soggetto politico, e Landini è il suo leader?

Dico ironicamente: purtroppo no. C’è una grande mobilitazione sociale orfana di rappresentanza politica, ma smettiamola di tirare Landini per la giacca. Lui ha credibilità e coerenza, ma oggi, con le aziende che chiudono e le trattative che anche quando c’è il governo in campo stentano a risolversi, i metalmeccanici non possono permettersi di perderlo.

Per dare rappresentanza politica a questi lavoratori chiedete alla sinistra Pd di uscire e unirsi a voi?

Più che uscire o entrare in un partito, penso che dobbiamo compiere degli atti comuni in parlamento. A chi sciopera non si può rispondere con le tattiche interne,  la differenza la farà votare sì o no. Il jobs act è in continuità con le politiche del centrodestra, che non potendo svalutare la moneta svalutano il lavoro.

In commissione a opporvi però sarete solo voi, la Lega e i 5 stelle.

Vedremo. Noi abbiamo presentato più di 100 emendamenti. Quel che è certo è che in commissione non sarà un dibattito rituale. E lo stesso dico del voto di lunedì alla camera che dovrebbe concedere al jobs act una procedura eccezionale. Dobbiamo provare fino all’ultimo a convincerli che i soldi per gli ammortizzatori vanno trovati, non si possono promettere ammortizzatori senza avere i denari.

Farete ostruzionismo?

Non escludo nulla. Dipende dalla maggioranza. Se accetta il dibattito, cercheremo degli avanzamenti. Ma debbono essere avanzamenti significativi, non ritocchini. Io del ministro Poletti non mi fido: non va bene promettere che i miglioramenti saranno nei decreti del governo quando i sacrifici invece sono certi ed esigibili da subito. Aggiungo che la delega ha anche fortissimi elementi di incostituzionalità, genererà molti ricorsi.

Il jobs act sarà approvato il 26 novembre alla camera, e poi andrà al senato. Lo sciopero generale del 5 dicembre non rischia di arrivare a fatto compiuto?

Le mobilitazioni andranno avanti. Alle manifestazioni non  ho visto lavoratori rassegnati, ma arrabbiati ed esasperati dall’incomunicabilità. Il governo tira dritto, divide i poveri e genera una pericolosa frattura democratica. Ormai neanche più i sondaggi, per quanto addomesticati, riescono a nasconderla. Oggi Renzi perde share anche quando va in tv.

Cosa c’è dopo lo sciopero generale?

C’è un accumulo di forze per costruire le condizioni per farci ascoltare. Anche gli altri sindacati devono capire che il governo non parla con nessuno, neanche con chi non sciopera. E del resto in piazza ci sono i lavoratori di tutti i sindacati, se no non sarebbero così piene.