«Una crescita dell’0,2% del Pil nell’ultimo trimestre, e una dello 0,5% in un anno sono dati che confermano che non siamo di fronte ad una vera ripresa in grado di modificare l’alto livello di disoccupazione in particolare quella giovanile – afferma Danilo Barbi, componente della segreteria nazionale della Cgil e responsabile delle politiche dello sviluppo del sindacato di Corso Italia – Abbiamo due trimestri positivi dopo 13 negativi, questa non è un’inversione di tendenza”

Anche per il presidente di Confindustria Squinzi non c’è una “ripartenza vera”. E sollecita il governo a puntare sulle imprese. Secondo lei è la direzione giusta?

Che non ci sia una ripresa sono d’accordo con Squinzi. Siamo a un punto molto basso della realtà occupazionale. Per la Cgil questo è il prisma delle questioni. Quanto alle soluzioni, Squinzi ripropone al governo di fare quello che ha già fatto. Peccato che non abbiano funzionato. La riduzione generalizzata di tasse e contributi alle imprese non ha intaccato una situazione consolidata. Anche se Renzi e Padoan garantiscono gli aiuti, le imprese non fanno investimenti. Quello di Confindustria è un atteggiamento strano dal punto di vista scientifico: hanno una tesi che non ha bisogno di dimostrazioni pratiche. È come una religione: la si prende per fede anche se l’evidenza dei fatti dimostra l’opposto. Questi favori indiscriminati alle imprese vengono fatti da sei anni e non sono serviti per la ripresa.

Qual è la natura di questa crisi che non passa?

Pur essendoci una crisi di offerta e di specializzazione produttiva, questa crisi italiana è inserita in una crisi globale che è essenzialemente una crisi di domanda. Occorre qualificare e non ridurre la spesa pubblica al fine di produrre una fase anticiclica e una correzione strutturale del modello di sviluppo. Renzi con la finanziaria del 2015 e la prossima del 2016 persegue una politica opposta, cioè riduce la spesa pubblica e garantisce generiche incentivazioni a pioggia con il postulato che solo le imprese fanno la ripresa economica e lo sviluppo. La crisi invece ha chiarito da tempo che il mercato, lasciato a se stesso, in questa fase produce disoccupazione o non è in grado di ridurla.

Che cosa non ha funzionato?
Il problema è la domanda. La ripresa deriva anche dalle esportazioni, ma in un paese come il nostro dove ancora il 70 % del Pil è domanda interna, bisogna trovare il modo di farla crescere. Solo gli investimenti pubblici possono mettere in moto quelli di privati. Non bisogna ridurre la spesa ma riqualificarla, i posti di lavoro devono essere veramente a tempo indeterminato come da tempo la Cgil chiede nel suo piano del lavoro.

Con quali strumenti?
Con l’aumento dei salari e degli investimenti pubblici. In questo momento le imprese non fanno investimenti nonostante gli aiuti del governo.

In quali ambiti si può applicare questo piano?
Su un piano straordinario di manutenzione del territorio che rimetterebbe in moto gli investimenti privati. È solo un esempio in cui ci sarebbe spazio anche per le imprese che vogliono lavorare. Non è un’invenzione. È quello che fece Roosevelt per far ripartire l’economia americana dopo la crisi del 29. Ma questa è proprio la cosa che non si vuole fare oggi. E il dibattito diventa disonesto. Siamo ostaggi dei medici di Pinocchio, quelli che credevano che il problema non era l’analisi della malattia, ma l’applicazione della medicina scelta prima che la malattia si manifestasse.

Che cosa accadrà se i rimedi del governo continueranno a non funzionare?
Si ostineranno ancora a dare al paese la stessa medicina ed è probabile che il paziente muoia.