Ha dato spettacolo anche a New York. A chiacchiere, non c’è dubbio: è lui, Matteo Renzi, il più green tra i 171 leader del mondo che ieri all’Onu hanno ratificato in pompa magna gli impegni presi alla Cop21 di Parigi. Il discorso visionario, la retorica sui “nostri figli”, l’orgoglio all’italiana e la vanteria per i “risultati ottenuti”. Poi, come da copione, la promessa che non costa niente: il suo governo sarà addirittura l’alfiere di una nuova politica ecologica (tracce non se ne vedono). “Continueremo a implementare gli accordi di Parigi e consideriamo questo punto una priorità, sia per le nostre politiche interne che per la presidenza del G7 del prossimo anno”, ha dichiarato il presidente del Consiglio.

Per la senatrice di Sinistra Italiana Loredana De Petris siamo alle solite: “Propaganda”.

Non è credibile? Ha anche detto di voler portare al 50% la quota di energia da fonti rinnovabili entro la fine della legislatura.

Purtroppo la realtà nel nostro paese è un’altra, abbiamo visto le indicazioni che ha dato al referendum di domenica scorsa. Si possono anche sparare cifre a caso, poi però bisogna essere in grado prendere provvedimenti per dare una svolta alla strategia energetica investendo risorse importanti sulle energie pulite. E poi la deve piantare di vantarsi per risultati non suoi.

Quali risultati?

Se oggi l’Italia è prima al mondo per produzione da fonti rinnovabili sicuramente non è per merito del suo governo, questi risultati sono stati raggiunti grazie agli stanziamenti fatti nel biennio 2007-2008. Dovrebbe dire, per esempio, che questa crescita record nel 2015 si è fermata provocando il dimezzamento degli impianti fotovoltaici installati. Anzi, con il cosiddetto decreto Spalma incentivi il suo governo è andato nella direzione opposta: ha tagliato gli incentivi per l’energia solare e ha aumentato dai 12,8 miliardi di dollari del 2013 ai 13,2 miliardi del 2014 gli incentivi ai combustibili fossili. Hanno addirittura cambiato gli incentivi in corsa in modo retroattivo, penalizzando chi aveva già fatto investimenti. Servono fatti, non parole. Potrei fare altri esempi di provvedimenti che complicano la vita a chi investe nelle rinnovabili.

Prego.

Sono questioni tecniche ma significative. Le tariffe energetiche, per esempio, prima premiavano le fasce che consumavano di meno mentre adesso con la nuova riforma gli incentivi non sono più legati al consumo, questo è un modo per premiare i grandi consumatori. Hanno vietato i sistemi di distribuzione chiusi, cioè non è permesso il consumo in loco dell’energia che un singolo cittadino produce sul tetto. L’energia bisogna rivenderla in rete, anche in questo caso vengono favoriti i grandi produttori. Bisogna sburocratizzare l’installazione degli impianti e dare la possibilità anche alle piccole imprese di fare investimenti, per esempio stabilizzando l’Ecobonus invece che rinnovarlo di anno in anno.

Da qui la vostra definizione di “governo fossile”?

Il punto è che in Italia non ci sono investimenti sufficienti, lo ha capito anche la Cina che per garantirsi un futuro, anche industriale, bisogna investire miliardi di dollari per i sistemi di energie rinnovabili. In Italia li ritengono incentivi troppo costosi, e non parlano del sostegno dato all’autotrasporto o alle trivellazioni. Le facilitazioni economiche e le strategie politiche di fatto sono rivolte solo alle energie fossili, non esiste una road map che indichi in che modo sarà possibile rispettare gli impegni presi a Parigi. Sulla chiusura delle centrali a carbone si stanno facendo dei passi in avanti, è vero, ma l’obiettivo si può raggiungere in un anno. Poi serve una moratoria alle trivellazioni, dobbiamo dire entro quanti anni saremo in grado di farne a meno. La realtà è che la politica energetica in Italiala la fa l’Eni e non abbiamo un ministero dell’ambiente all’altezza.

Matteo Renzi direbbe che questo è il solito “ambientalismo ideologico” da respingere. Cosa gli risponde?

Sarà pure giovane, ma è lui che vive in un’ ideologia ottocentesca. Il nostro è un ambientalismo concreto che punta sull’innovazione, probabilmente adesso parla così perché si è accorto del peso politico che hanno quei milioni di cittadini che sono andati a votare il referendum. Ci auguriamo che ne tenga conto invece di declamare una politica energetica virtuosa mentre nei fatti continua a puntare sulle energie fossili.