Si incontrano una volta ogni tre mesi, la prima nella sede del Pd quando il presidente del Consiglio era solo segretario del partito, e per questo il patto tra loro è chiamato «del Nazareno». Riguarda la legge elettorale e le riforme costituzionali, e da ieri anche la giustizia perché Renzi ha offerto a Berlusconi una promessa – quella di ascoltare le note preoccupazioni dell’(ex) Cavaliere in materia – e ha ottenuto in cambio una certezza: Forza Italia voterà il testo di revisione costituzionale così come lo vuole il governo. Con tanto di elezione indiretta dei senatori, che saranno allora consiglieri regionali e sindaci sicuramente in maggioranza di centrosinistra. Ora Berlusconi deve far digerire l’accordo ai suoi, ma questa è un’altra storia. Risolvibile rinviando la retromarcia alla seconda lettura del provvedimento, come in fondo Berlusconi ha fatto appena l’anno scorso quando al governo c’era Letta Enrico. O come fece 16 anni fa, quando il patto si chiamava «della crostata» per essere stato firmato a cena a casa di Letta Gianni, l’eterno mediatore che ancora ieri accompagnava Berlusconi da Renzi.

L’ex presidente del Consiglio è tornato nell’appartamento privato di palazzo Chigi anche con Denis Verdini, e la delegazione era già garanzia di accordo. Del resto se Pier Silvio «tifa» per le riforme di Renzi, Silvio non può certo «gufarle», ma solo ricercare una continua legittimazione dal suo non avversario. Che gliela concede volentieri, e rinvia i grillini alla prossima settimana. Con loro nessuna intesa sulla mortificazione del senato è possibile, con Forza Italia invece è indispensabile. Non conta la commissione, dalla quale sono stati allontanati i senatori che intralciavano, e dove le votazioni delicate sono state spostate alla prossima settimana, ma l’aula. Senza il voti del centrodestra (Fi, Gal e Lega), Renzi potrebbe contare su una maggioranza troppo stretta, su molti emendamenti esposta al voto dei «dissidenti» del Pd. Ai quali, bontà sua, il capogruppo Zanda ha dovuto pur riconoscere libertà di coscienza. Con Forza Italia la maggioranza è tale che si può tollerare anche una fronda bipartisan, tenendo in sicurezza la maggioranza assoluta. E persino quella dei 2/3 che la Costituzione chiede negli ultimi passaggi per evitare il referendum: non che Renzi lo tema, ma vuole risparmiare tempo.

Di tempo ne è passato tanto da quando nel loro primo incontro (a gennaio) Renzi e Berlusconi lanciarono l’Italicum, e nel secondo (ad aprile) giurarono che la riforma del bicameralismo sarebbe stata approvata entro il 25 maggio. Invece è ancora in commissione, il che porta a escludere che la nuova legge elettorale cui Berlusconi tiene più di ogni altra cosa (se non più per la sostanza, per la forma: vuole cioè essere coinvolto senza essere sostituito dai grillini) possa fare anche un solo passo prima della pausa estiva. E infatti nell’accordo di ieri c’è solo la promessa (di Renzi, che da palazzo Chigi guida i lavori di palazzo Madama) che l’Italicum sarà «prontamente» incardinato in commissione.

Nel frattempo la commissione ha approvato altri tre emendamenti al testo base Renzi-Boschi, tutti presentati dai relatori Finocchiaro e Calderoli. Il primo introduce per il governo, che già controllerà la maggioranza della camera grazia alla legge elettorale ultra maggioritaria, il potere di mettere in votazione un suo disegno di legge entro 60 giorni, o anche meno. Potere che si aggiunge a quello della decretazione di urgenza. Il secondo emendamento alza notevolmente, quintuplicandolo, il numero di firme necessarie per proporre una legge di iniziativa popolare, che adesso saranno 250mila. Potrebbe essere utile per aumentare il peso politico delle proposte, se fosse stato stabilito l’obbligo per il parlamento di esaminarle in tempi certi; ma quest’obbligo non c’è e si rinvia ai regolamenti. Infine l’ultimo emendamento approvato ieri prevede che un terzo dei senatori o dei deputati possano sottoporre alla Corte Costituzionale una nuova legge elettorale, prima della promulgazione. Una buona idea, che andrebbe estesa (come in Francia) a tutte le leggi. Funzionasse già, questo parlamento eletto con l’incostituzionale Porcellum non ci sarebbe mai stato. Invece eccolo che prova a riscrivere la Costituzione.