Si apprende, recitano nel pomeriggio le agenzie, che nell’incontro tra il presidente del consiglio Renzi e la presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Finocchiaro, si sarebbe deciso di rispettare la tabella di marcia già fissata: sotto con la PA e alla legge elettorale ci pensiamo poi. Passa un’oretta e le immancabili «fonti» di palazzo Chigi smentiscono: al contrario, a tavoletta sull’Italicum e solo poi la PA. Solerte, la Finocchiaro conferma: «Legge elettorale è priorità, sarà incardinata in tempi brevissimi. Intanto però la riforma della PA resta incardinatissima e il socio contraente numero 1 del patto riformatore, Berlusconi Silvio, non ha nessuna intenzione di correre sulla legge elettorale. La sparata significa solo che il cammino della legge elettorale verrà lievemente accelerato e le due riforme marceranno di pari passo. Del resto la ministra Boschi «si augura» che il Senato approvi il sostituto del Porcellum entro l’anno. Significa che farcela entro gennaio sarebbe già un successone, e proprio quella è la scadenza attualmente prevista.

E allora perché alzare all’improvviso tanto fumo? I beninformati del Pd assicurano che l’obiettivo è forzare la mano a Fi, che insiste nel frenare l’elezione di Luciano Violante alla Consulta. Gli azzurri vogliono evitare che don Matteo si ritrovi in mano a breve l’arma che gli consentirebbe di minacciare a piacimento le elezioni anticipiate? Benissimo: facciano il dovere loro e smettano di ostacolare l’ex presidente della Camera.

Sarà… Però il semaforo rosso del partito d’Arcore nei confronti di Violante non si deve mica a qualche veto nei suoi confronti. E’ una faccenda interna. Serve a dare il colpo di grazie all’agonizzante Catricalà per sostituirlo con Donato Bruno e l’ammazzatina dovrebbe già essere stata portata a compimento quando, lunedì prossimo, si tornerà a votare per i giudici costituzionali. E allora perché fingere che ci sia, nei confronti di Violante, un’ostilità azzurra in realtà inesistente? Il dubbio di una manovra concordata dagli amanti diabolici del Nazareno per mandare allo sbaraglio due vittime predestinate e poi sostituirle con chi avevano deciso loro sin dall’inizio, effettivamente è lecito. E nell’alto comando renziano c’è chi lo conferma.

Del resto contro Catricalà, le cui chances sono ormai esigue, si sono sì coagulati i moltissimi malumori che circolano nell’ex incontrastato regno di re Silvio. Ma a far pendere la bilancia a suo sfavore è proprio l’uomo di quei malumori e l’oggetto principale: Denis Verdini, prete officiante negli sponsali del Nazareno. E se è vero che Renzi ha messo in campo la minaccia Italicum per forzare la mano ai forzisti, è anche vero che potrebbe averlo fatto solo per dimostrare di avercela messa tutta. Se poi nemmeno questo dovesse funzionare e lunedì Violante finisse al tappeto per la quarta volta, sarebbe «costretto», povero Matteo, a ripiegare su Augusto Barbera.

Non è affatto detto che questo sia davvero il progetto dei due compari, e se anche lo fosse non è detto che il gioco di sponda riesca: le variabili in gioco, in soldoni gli interessi intrecciati o contrastanti di cento botteghe, sono troppi per delineare una strategia di sicuro successo. E’ però un fatto che dal tormentone della Consulta il patto del Nazareno è sinora uscito confermato e rafforzato. Ed è altrettanto vero, come i malumori e i colpi di testa registrati quotidianamente sia nel Pd che in Fi attestano, che alla felicità coniugale dei capi non corrisponde una disposizione d’animo altrettanto concorde della truppa. La vera incognita sul tappeto, per i prossimi mesi, è questa.

Dietro il velo ipocrita delle bugie da talk show, nessuno più nega che la partecipazione di fatto degli azzurri alla maggioranza anche in materia di politica economica sia imposta dalla situazione stessa. Ma tutti, allo stesso tempo, riconoscono che quell’alleanza non potrà mai essere ufficializzata: costerebbe troppo al segretario/premier. Dunque Berlusconi dovrà avere massima voce in capitolo nelle scelte economiche ma senza comparire. Poche situazioni sono, per definizione, di altrettanto precario equilibrio. «Entrando ufficialmente nella maggioranza – commenta un analista politico prestato al Senato come Minzolini – ci sarebbero meno problemi, perché il segno azzurro sarebbe quello. Così invece dovrà essere la sostanza delle leggi». Vero, ma mettere d’accordo sulla «sostanza delle leggi» i ribelli di Fi e i dissidenti sotto pelle del Pd non sarà un gioco.