Sul palco del teatro Eliseo di Roma Matteo Renzi si presenta dimagrito, tonico e carico, pronto alla battuta per scaldare la platea e trascinare i suoi. Al Pd ora non serve un candidato premier (la legge elettorale non lo richiede, in ogni caso uno c’è già ed è l’attuale premier Gentiloni, non è in sala perché impegnato con la visita del presidente turco Erdogan). Serve invece un coach, un motivatore, uno che risollevi il morale della truppa.

RENZI CI PROVA: come in una Leopolda chiama i candidati per nome, ci scherza. «Vota la squadra, scegli il Pd», è lo slogan che campeggia alle spalle. La «squadra» sta nelle prima fila: c’è il candidato presidente del Lazio Zingaretti, l’unico del Pd che i sondaggi danno vincente, ci sono Padoan, Lotti, Martina, Fedeli, De Vincenti, Guerini, Richetti, Rosato, Zanda, Boschi, e i ’nuovi’ volti del Pd Paolo Siani, Carla Cantone, da Lisa Noja, Tommaso Cerno, Francesca Barra.

Il teatro è pieno di dirigenti e volontari. Ma il morale non è un granché. Al Nazareno circola la paura che i fatti di Macerata daranno una svolta al tono complessivo della campagna elettorale. E non a favore del Pd. I romani ricordano la curva dei consensi durante la campagna per il Campidoglio, fra la fine del 2007 e il 2008: dopo il massacro di Francesca Reggiani alla stazione di Tor Di Quinto, l’aria in città cambiò. Veltroni, allora sindaco e leader Pd, cercò di correre ai ripari e costrinse il governo a varare un decreto per le espulsioni mirate contro i cittadini rumeni, provvedimento pasticciato che alla fine non andò in porto. Ma per Francesco Rutelli, che di lì a poco divenne candidato sindaco, non ci fu più modo di recuperare consenso. Oggi per il Pd i sondaggi sono con il segno meno: in un mese il partito perde un intero punto, dal 24 al 23 per cento secondo i dati di La7. E gli effetti di Macerata non sono ancora stati rilevati.

DINANZI ALLA PLATEA il leader abbraccia il sindaco della città marchigiana Carancini. «Si può coniugare accoglienza e legalità». Ma per il Nazareno è allarme rosso. Serve uno scatto. Il leader sprona i suoi: «Non voglio atteggiamenti remissivi o di rassegnazione. Dovete andare all’attacco e battervi». Sul palco stessa musica: vietato dare l’immagine di un partito che si ripiega su se stesso, «vi invito a chiudere la campagna elettorale in piazza: in piazze diverse, almeno cento», «Io personalmente la voglio fare in una piazza simbolo del nostro programma, piazza santissima Annunziata dove venivano abbandonati i bambini. Rivendichiamo che il Pd sta in mezzo alle persone alla gente, noi siamo il Pd orgoglioso di quanto ha fatto».

RENZI PROVA A FARCELI credere contro ogni evidenza: «Oggi ci manca un nonnulla per essere primo partito se riusciamo a tirare su quel poco che manca, penso che alle urne ci saranno risultati sorprendenti», «Se recuperiamo 2-3 punti rendiamo contendibile il 60 per cento dei collegi». E allora vai con gli aperivoto: «Organizziamo thé, caffè aperitivi, con dieci, massimo quindici persone. Spiegate perché siamo i più concreti. Questa è la vera arma che abbiamo, il tam tam. Perché una comunità come il Pd non ce l’ha nessuno», unica avvertenza «evitate di farlo durante Sanremo perché l’anima nazional popolare ha una sua sovranità». L’importante è non farsi deprimere dalla cruda realtà dei numeri: «Non passiamo la giornata a seguire sondaggi e editoriali».

LA MATTINA IL NAZARENO aveva «offerto» un seminario ai comunicatori Pd, relatore Alessio Di Giorgi dell’agenzia Proforma. Che ha caldeggiato i consigli della pagina facebook degli ’eurocrati’: «Mai scrivere sui social da stanchi, affamati, ubriachi o peggio. Quando volete scrivere una cosa terribilmente aggressiva scrivetela in un documento word. Poi alzatevi, andate in cucina bevete un bicchiere di latte e mangiate due bei biscotti. Tornate e rileggete il testo. Nel 99 per cento dei casi non lo posterete. Ricordate che la reputazione si può compromettere per un solo epic fail».

ANCHE RENZI dà i suoi consigli: gli altri sono più bravi a «cliccare», «quando c’è da condividere qualcosa sui social da noi parte un dibattito: chi mi ha chiesto di condividere, è renziano? Un giovane turco? Ne riparliamo il 5 marzo. Non vi vergognate di far parte di una squadra che in questi anni ha salvato l’Italia»