Renzi parte per la missione europea col viatico di un pieno appoggio da parte del Colle e con l’auspicio positivo di un commento incoraggiante dettato da Angela Merkel al suo portavoce: «Il governo tedesco è consapevole dell’ambizioso progetto di riforme del governo Renzi». Ieri a pranzo Napolitano ha riunito al Quirinale il premier e i sei ministri coinvolti nella riunione del Consiglio europeo. E’ stata più una lista della spesa che altro. Il capo dello Stato non è entrato nel merito dei provvedimenti annunciati, in attesa di un articolato preciso. Ma il baby premier ha la sua benedizione e non potrebbe essere altrimenti. La spedizione europea, in particolare l’incontro con la cancelliera Merkel di lunedì prossimo, è troppo importante perché ci si permettano distinguo.

Qualche dubbio, probabilmente, in Giorgio Napolitano alberga. Sono passati pochi giorni dalla telefonata nella quale, alla vigilia della presentazione del programma economico di Renzi, il presidente si diceva tutt’altro che convinto dal capitolo coperture. Né si può dire che da quella telefonata in poi siano arrivate rassicurazioni tali da tranquillizzare il presidente. E’ noto, inoltre, che tra Renzi e il suo ministro dell’Economia qualche divergenza in materia c’è, in particolare sulla proclamata intenzione del premier di avvicinarsi al tetto del 3% nel rapporto deficit/pil, partendo dall’attuale 2,6%, appunto per raggranellare una parte dei fondi necessari per le coperture. Non c’è dubbio sul fatto che il Colle condivida in pieno le perplessità e la prudenza di Padoan. Ma questa è storia di domani. Se ne parlerà, se del caso, quando la dichiarazione d’intenti di Renzi verrà precisata e messa giù nero su bianco. Al momento la priorità è ottenere quell’ammorbidimento della rigidità tedesca che è per tutti obiettivo determinante.

Oggi stesso, nel colloquio con il presidente francese Hollande, Renzi tenterà di concordare una strategia comune per esercitare una pressione congiunta sulla cancelliera tedesca. Lunedì con Merkel, oltre a illustrare le sue riforme, Renzi si appellerà a quelle dettagliate raccomandazioni indirizzate all’Italia dalla Commissione europea il 30 maggio scorso, all’atto di certificarne l’uscita dalla procedura d’infrazione per eccessivo deficit. Erano sei: mantenere il disavanzo al di sotto del 3% nel bilancio 2013; procedere rapidamente alle riforme istituzionali e della Pubblica amministrazione; intervenire sul sistema bancario per facilitare la riapertura del credito; mettere mano alla riforma del mercato del lavoro; alleggerire il carico fiscale su lavoro e capitale trasferendolo in parte su altre voci; riprendere le privatizzazioni. Renzi segnalerà che sono proprio questi i cardini del programma sul quale ha chiesto il voto di fiducia e che ispirano le misure annunciate mercoledì scorso. Sosterrà che, a differenza di quelli precedenti, il suo governo può affrontare questa sfida perché politico e non tecnico e probabilmente aggiungerà anche che può farcela perché la stessa opposizione, se non tutta almeno la principale, Forza Italia, ha un atteggiamento che dire benevolo è poco.

In effetti, in un mese, gli azzurri hanno accolto il pacchetto Renzi quasi più come una forza che appoggia il governo dall’esterno che come un partito d’opposizione. Opposta la reazione del Movimento 5 Stelle, della Lega e, sia pure con toni meno esasperati, di Sel. Ma lo schieramento sul quale il premier può contare, tra maggioranza e “opposizione benevola”, dovrebbe bastare a garantire il passaggio delle riforme.

La reazione di Angela Merkel, della Ue e della Bce sarà un passaggio fondamentale, anche se Renzi ritiene che con l’Europa la mano decisiva si giocherà nella seconda metà dell’anno. Ufficialmente solo perché a quel punto il suo governo avrà avuto modo di offrire le prove e le garanzie del caso. In realtà anche perché la prevista affermazione delle forze apertamente anti-euro dovrebbe aumentare il peso contrattuale di quelle che invece chiedono di modificare le regole europee ma senza alcuna intenzione di farle saltare. A partire proprio da quelle al governo in Italia.