La Brexit? «Paradossalmente potrebbe essere un fatto positivo», «Un grande shock ma questo è il tempo della speranza». E ancora: «Nuova stagione», «Voltare pagina». In breve, Matteo Renzi non sta in sé dalla gioia. Per qualche giorno ha provato a nascondere il tripudio ma ieri la felicità ha preso il sopravvento: per lui la Brexit è davvero la grande occasione, forse la mano vincente che la sorte ti serve proprio quando sei arrivato a giocarti gli ultimi soldini.

Gli elettori del Regno unito hanno già fatto a Renzi due enormi regali, ma si tratta di spiccetti a paragone di quel che il premier spera di ricavare dallo tsunami d’oltre Manica. Grazie al provvidenziale shock Renzi ha di fatto chiuso i giochi nel suo partito ancora prima che iniziassero. La direzione convocata per venerdì scorso si annunciava come una mattanza. Persino Massimo D’Alema, il nemico giurato, aveva fatto sapere che intendeva partecipare e prendere la parola. Ora di attaccare sul serio il capo non se ne parla proprio: nel giro di una notte è passato dal ruolo di leader sfiduciato dagli elettori a quello di premier che ha ottenuto la fiducia di Angela Merkel. «E’ entrato nella stanza dei bottoni», tripudiava ieri una sgangherata Repubblica che, col cambio di direzione, ha abbandonato anche i residui tentativi di salvare le forme. Proprio questo è il secondo e più prezioso miracolo di san Nigel.

nevitabilmente il fattaccio inglese ha coperto quello più circoscritto italiano. La sconfitta è stata derubricata a incidente occorso in un passato già sfumato nel ricordo. Parola d’ordine: «Voltare pagina».

Il bottino che Renzi spera di incamerare è infinitamente più lucroso. La «stanza dei bottoni», come segnalava giustamente ieri Di Maio, si riduce in realtà a una comparsata in conferenza stampa. Le leve del comando in Europa stanno a Bruxelles e Berlino: per tutti gli altri, da Hollande a Renzi, non c’è bottone che tenga. Però l’uscita della Gran Bretagna lascia vacante una serie di postazioni e istituzioni che il ragazzo di Rignano gradirebbe assai trasferire in Italia. Il primo a parlare di spostare a Milano l’Autorità bancaria europea attualmente di stanza a Londra è stato Enrico Letta. Al suo defenestrarore l’idea è parsa subito ottima. Il ritorno d’immagine per l’Italia sarebbe enorme.

Ancor più seducente l’ipotesi di fare dell’Italia un approdo per le multinazionali che, almeno nelle previsioni unanimi, decideranno di lasciare il Regno unito. L’idea, secondo le indiscrezioni di ieri dell’Huffpost, sarebbe quella di istituire due «no tax area», una a Milano e una a Bagnoli, per competere con l’attualmente più attraente dal punto di vista fiscale Olanda. Perché se è vero che il Paese dei tulipani garantisce una solidità e un trattamento fiscale molto più appetibili di quelli che può offrire il belpaese, è anche vero che l’Olanda potrebbe facilmente rivelarsi il prossimo Paese a dare l’addio all’Unione. La somma tra il diventare sede dell’Authority bancaria e l’ospitare alcune multinazionali importanti assicurerebbe all’Italia un ruolo di primo piano in Europa, molto più sostanziale della partecipazione al Direttorio.

Ma la posta in gioco fondamentale resta la possibilità di forzare le regole di bilancio in modo da poter tagliare le tasse in tempo utile per incassarne i dividendi in termini di consenso al referendum. Nonostante «lo shock» resta una partita difficile. Anche Frau Angela deve fare i conti con i suoi elettori, anche per lei le urne non sono lontane: troppe concessioni all’Italia rafforzerebbero anche in casa gli umori anti-europei. Ma Renzi ha un’ottima carta da giocare: l’inevitabile valenza europea che il referendum d’autunno inevitabilmente assumerà. Andrebbe così comunque, ma si può star certi che la propaganda di palazzo Chigi e i megafoni della libera stampa incrementeranno la tendenza. Renzi ripeterà che votare Sì vuol dire salvare l’Europa non solo agli elettori italiani ma anche alla potente protettrice, invocando le armi, o più precisamente i quattrini, necessari per vincere la prova. In nome dell’Europa, certo, però anche un po’ della sorte politica di Matteo Renzi. Bisognerà pur dare una mano a chi fa parte del «Direttorio europeo»!