La sorpresa arriva a metà pomeriggio. Senza che ne sappia niente nessuno al Nazareno va in scena un «seminario» sul futuro economico dell’Europa con «introduzione» del segretario Matteo Renzi. Nulla di strano fin qua.

La stranezza è che fra i – tantissimi – relatori figura anche la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso. Sì, proprio lei. Quella «del gettone dell’Iphone», «la capa del partito dei gufi».

Il tutto si risolve in cinque minuti di intervento per entrambi e senza alcun scambio diretto. Il segretario del Pd se ne va presto, Camusso appena dopo il suo intervento.

Nel mezzo parlano economisti, Confindustria, Confartigianato, Confagricoltura e chi più ne ha più ne metta.

Eppure sarebbe stato impossibile solo pochi mesi fa. Quando la Cgil si schierò apertamente per il No al referendum costituzionale.

Che i tempi stiano cambiando lo si capisce proprio quando Renzi si concede l’unica battuta proprio sul tema: uno dei tanti professori accenna ad un possibile «referendum sull’Europa» e il leader Pd interviene prontamente: «No, referendum basta!», tra le risate generali, perfino della delegazione Cgil.

È così cambiato Matteo? Viene da chiedersi. La risposta più probabile è che si sia dovuto arrendere alla realtà.

Il leader più divisivo del centrosinistra italiano ha bisogno di alleanze per tornare a palazzo Chigi. E per poter tentare di farlo è costretto perfino a sorbirsi gli odiati «seminari» – si spera senza «professionisti della tartina» – e addirittura ad ascoltare cosa dice la Cgil.

Camusso, in mattinata al convegno sulle banche con Padoan, non aveva svelato l’invito. Però aveva fatto un accenno che alla luce del pomeriggio risulta voluto: «Certo, non siamo nostalgici dell’era della concertazione, della sala Verde di palazzo Chigi. Ma sarà possibile trovare un luogo, un posto qualsiasi per confrontarsi con il governo? Almeno per sapere se abbiamo qualche idea che gli può servire».

Per ora questo luogo non c’è nemmeno con Gentiloni – a cui i sindacati hanno chiesto un incontro prima della presentazione della manovra per convincerlo (con poche speranze) ad inserire il congelamento dell’innalzamento dell’età pensionabile. Ed è difficile pensare che ci sarà nel caso (ad oggi assai remoto) che Renzi riprenda la poltrona lasciata il 5 dicembre.

Si tratta dunque di una pantomima? Forse. Di certo Renzi sfrutta la posizione comune con la Cgil su un tema a lui caro – ora, non al tempo del governo Monti o dell’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione – : l’insostenibilità del Fiscal Compact. Su questo l’alleanza tattica è possibile.

E capita perfino che uno degli economisti ed editorialisti più renziani degli ultimi anni – Francesco Giavazzi, alfiere principe del liberismo e dell’austerity – diventi in minoranza nella sala convegni del Nazareno.

Sul piano squisitamente politico il convegno si inserisce in una tela da tempo tessuta da Nannicini. Il responsabile economia del Pd – in procinto di trasferirsi per insegnare ad Harvard – aveva già tenuto un altro seminario sulle pensioni coi sindacati a luglio. Per lui il dialogo sociale è un dato di fatto.

Che lo diventi anche per il suo capo è tutto da dimostrare.