Matteo Renzi torna a chiedere il voto «prima possibile» e attacca nuovamente il suo partito. Quel Pd che giura di non voler abbandonare. «Qualcuno mi aveva detto ‘vai avanti tranquillo, ti votiamo’. Ma poi è arrivata qualche telefonata da Roma per fare il contrario». Un retroscena al vetriolo, dopo la decisione del consiglio toscano di inviare a Roma come grandi elettori per il Quirinale il presidente regionale Enrico Rossi, quello dell’assemblea Alberto Monaci e, per l’opposizione, il pidiellino Roberto Benedetti. Immediata la reazione di Pierluigi Bersani: «Nella sequela di quotidiane molestie, mi vedo oggi attribuiti non so quali giochini tesi ad impedire la nomina di Renzi a grande elettore per la Toscana. Smentisco di aver deciso, o anche solo suggerito, o anche solo pensato alcunché, a proposito di una scelta che riguarda unicamente il consiglio regionale toscano».

Mistero Renzi. Anche se non era stato nominato grande elettore aveva segnato politicamente un punto. Pur non avendone il diritto aveva avuto il via libera dai vertici nazionali del Pd. Il governatore Enrico Rossi aveva dato il suo placet. Il capogruppo democrat nel Consiglio toscano Marco Ruggeri aveva chiesto agli altri consiglieri del partito di votare la sua candidatura. Un indubbio successo di immagine, al di là del voto sfavorevole – di misura, 12 a 10 – che aveva privilegiato la scelta “istituzionale” di Monaci. Subito dopo il voto ufficiale dell’assemblea (31 preferenze per Rossi e Monaci, 14 per Benedetti) lo stesso Ruggeri aveva rimarcato: «Non credo ci saranno conseguenze per quanto è accaduto, in questo senso mi fanno ben sperare le parole di stamani dello stesso Renzi sulla vicenda, il sindaco ha tenuto una posizione correttissima in ogni momento: anche per questo voglio di nuovo ringraziarlo».

Ultime parole famose. Perché Renzi ne ha anche per Monaci: «Hanno scelto di mandare delegato regionale un autorevole personaggio della politica e del mondo bancario senese». La puntualizzazione pomeridiana su facebook non cambia lo scenario: «Fare il delegato regionale per eleggere il presidente della Repubblica non era un mio diritto – fa sapere il rottamatore – lo avrei fatto volentieri, certo, orgoglioso di rappresentare Firenze e la Toscana. Le telefonate romane hanno cambiato le carte in tavola, peccato».

Dunque Renzi insiste, nonostante le smentite di Rossi, Ruggeri e anche di Franceschini e Giacomelli. I suoi attaccano alzo zero: «Non so se qualcuno ha davvero ordinato da Roma a qualche consigliere toscano di cambiare orientamento per la scelta dei grandi elettori – sibila il senatore Andrea Marcucci – se quella telefonata è partita davvero, malissimo hanno fatto coloro che hanno risposto, piegandosi a un diktat che fa male alla Toscana e che ferisce tantissimi elettori e militanti del Pd». A ruota il fedelissimo Francesco Bonifazi: «Non vi pare un po’ sguaiato il continuo riferimento del segretario Bersani a telefonate che né lui né persone a lui vicine avrebbero fatto sulla vicenda dei grandi elettori della Toscana? Sembra quasi che qualcuno non abbia la coscienza a posto…».

Il mistero delle telefonate fa colpo sull’immaginario e attizza il programma radio La Zanzara, che dopo la falsa Hack e il “saggio” Onida annuncia le chiamate che un bravo imitatore del segretario Pd avrebbe fatto ad alcuni consiglieri della Toscana. In realtà si tratta di uno scherzo. Indicativo del clima. Ma Bersani è tranquillo, al Tg1 ribadisce: «Chiedete a Telecom, non ho fatto nessunissima telefonata e pregherei di credere che, con tutti i problemi che ci sono, l’ultimo problema è decidere chi sia l’uno o l’altro dei nostri 494 elettori».

Affonda il colpo il bersaniano Davide Zoggia: «Non si comprende il nervosismo di Renzi e di certi ‘ambienti renziani’. E’ un atteggiamento lontano diecimila chilometri dai problemi che gli italiani devono affrontare quotidianamente. Impegniamoci tutti a risolverli».