Andrea Colombo
Finita l’estenuante battaglia sulle unioni civili la partita sembrava almeno per un po’ chiusa. Macché! Neppure il tempo di una breve tregua e già le adozioni tengono banco di nuovo e dividono quella maggioranza che era appena riuscita a compattarsi per un attimo. Uscita dalla porta delle unioni civili, la stepchild adoption sembra destinata a rientrare, almeno in teoria, dalla finestra del ddl sulle adozioni, che il Pd giura di voler approvare in un baleno. I centristi protestano. Lorenzo Cesa chiede al premier di preoccuparsi della coesione della maggioranza. I catto-dem tornano a fare da sponda. Dall’esterno del palazzo uno dei leader del Family day, Massimo Gandolfini, che giudica già inaccettabile la legge sulle unioni civili, conferma la sua minaccia di rappresaglia nel referendum sulla riforma costituzionale.

Matteo Renzi replica a muso duro nella sua e-news del lunedì: «E’ finito il tempo in cui in Italia qualcuno aveva diritto di veto. Siamo andati avanti anche a colpi di fiducia, quando necessario». Poi, rivolto proprio a Gandolfini: «Che c’entra la difesa della famiglia con la riforma del Senato? Ma io accetto la sfida e se mi invitano andrò nelle parrocchie a dire perché è giusto che la riforma passi». La replica del cattolicissimo arriva a stretto giro, e non è che sia del tutto infondata: «Con l’approvazione del ddl Cirinnà è stato violato il dibattito democratico. Cosa succederà quando ci sarà una Camera sola con una maggioranza netta?». Ha ragione, figurarsi, ma possibile che del particolare Gandolfini si sia accorto solo dopo il voto sulle unioni civili?

Lo scontro di principio maschera in realtà questioni più terragne. Renzi deve recuperare prima del voto di giugno quella parte dell’elettorato di centrosinistra che non ha accettato l’accordo con Alfano e lo stralcio della stepchild. La legge sulle adozioni è lo strumento adatto. «Il Pd inizierà a discuterne alla Camera già mercoledì», annuncia la vicesegretaria Debora Serracchiani, anche se un testo base preparato dai senatori in realtà è già quasi pronto. Alla Camera, dove la legge sulle unioni civili dovrebbe essere calendarizzata giovedì per arrivare all’approvazione entro aprile, il Pd già insiste per un percorso rapidissimo della legge sulle adozioni che, promette il senatore della minoranza Fornaro, reintrodurrà le adozioni sacrificate a palazzo Madama. Chiacchiere. La legge forse correrà davvero a Montecitorio, in modo da poter essere sventolata per le elezioni comunali. Ma lì si fermerà, perché non c’è alcuna possibilità di approvarla anche al Senato in questa legislatura, e Renzi è il primo a rendersene conto.

Sullo sfondo, intanto, continua a campeggiare il caso Vendola, adoperato con una buona dose di cinismo dai più spregiudicati, ma brandito anche, con un attacco di inaudita violenza, da Famiglia cristiana. Un commento piazzato in apertura del sito del settimanale cattolico vibra mazzate durissime: «Il paladino dei poveri e degli oppressi – scrive nel suo commento Francesco Anfossi – è andato all’estero, come un facoltoso signore, ha reso orfano della madre un bambino e ha eluso la Costituzione e le leggi della Repubblica. Ma non era un uomo di sinistra?». E’ un attacco appena meno volgare di quelli scatenati dagli urlatori come Gasparri o l’immancabile Salvini, che ieri è tornato alla carica con un «si comprano i dvd o le lavatrici, non i bambini», ma molto più insidioso perché non parte dagli argomenti propri del cattolicesimo più reazionario. Riprende invece critiche che sono condivise da una parte dell’elettorato di sinistra e che pullulano sui social.

Le reazioni del mondo politico, in realtà, sono state per la maggior parte civili. Anche chi è fortemente ostile alla maternità surrogata ha quasi sempre separato la critica alla surrogacy dalle bassezze degli attacchi personali. Casini ha detto di voler evitare «commenti su cose che appartengono a una sfera molto personale» e «da papà» ha fatto a Nichi Vendola auguri certo sinceri. Persino il clericalissimo Rotondi si è detto indignato per l’inciviltà di alcune critiche.
Del resto anche tra chi ieri ha difeso Vendola dalle trivialità, che comunque non sono mancate, c’è chi ha sottolineato i propri dubbi o la propria franca contrarietà alla surrogacy. La presidente della Camera Boldrini, impeccabile, ha detto che «la nascita di un bambino deve rendere tutti felici» e ha bollato «gli attacchi pesanti e volgari». Ma ha anche aggiunto che la maternità surrogata «è una cosa molto difficile da accettare». Posizione simile anche da parte della vicesegretaria dem Serracchiani: «Sono contenta per Nichi, per il suo compagno e per il piccolo Tobia, ma ho qualche perplessità sull’utero in affitto, che è e resta vietato». Perché per le due donne le cose stanno come dice Nicola Fratoianni, coordinatore di Sel: «La vita non deve diventare terreno dell’ennesima contesa politica».