Il Pd di marca renziana porterà il governo a ottenere risultati per le riforme e la legge elettorale «perché ha la maggioranza assoluta della maggioranza delle larghe intese». Ma «se non si fa quello che chiediamo noi, finish». Ieri il sindaco ha di nuovo ’cambiato verso’. Domenica, alla convenzione Pd, aveva rassicurato sulle sue buoni intenzioni verso il governo Letta; ieri – da Prato – ha cambiato idea: «In questi mesi hanno mi hanno detto ’fai il bravo’. Ma la pazienza è finita: hanno abusato della nostra pazienza, ora usino un po’ delle nostre idee». Il cambio di marcia racconta di come Renzi prenda coscienza del fatto che dal 9 dicembre, per almeno un anno – fino all’eventuale voto -, da segretario, dovrà per forza tenere in piedi il governo. E la tattica del cannoneggiamento senza mai tirare giù l’obiettivo finirà per logorare assai più la sua corsa verso Palazzo Chigi che il trotto tranquillo del presidente del consiglio. Renzi ne ha avuto un saggio con la vicenda Cancellieri: chiedere le dimissioni della ministra, ma poi far votare contro le stesse, è stata una performance in ’vecchio’ stile dem: senza dubbio un danno di immagine per il sindaco che vorrebbe «rivoltare il Pd come un calzino». Non a caso ieri Massimo D’Alema ha sottolineato la contraddizione in cui Renzi si è cacciato: «Non sono fra chi sospinge il sindaco di Firenze a diventare il segretario del Pd che metterà in crisi il governo», ma del resto «non credo che accadrà. Non vedo cosa possa guadagnarci un leader Pd a fare da spalla a un Brunetta o a una Santanchè: Renzi è una persona ragionevole»