Tutto contento Matteo Renzi ha salutato ieri, battendo sul tempo le agenzie con il suo tweet da Palazzo Chigi, di aver preso un provvedimento «cattivo ma giusto«. Trattasi del decreto soprannominato «contro i furbetti del cartellino»: licenziamenti facili, in particolare per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, scoperti a timbrare il badge in modo irregolare, magari per andare al bar, come i nove dipendenti di una Asl di Maddaloni, provincia di Caserta, finiti in queste ore agli arresti domiciliari per aver registrato l’ingresso in ufficio mentre erano fuori, a accompagnare i figli a scuola o a fare la spesa.

In questi casi – esulta Renzi – «è finita la pacchia. Non c’è una lunga trafila. Ora prendi e vai a casa. C’’ il licenziamento». Per lui, che non perde l’occasione per ricordare la sfida delle sfide – anzi «la madre di tutte le sfide», parole sue – del referendum di ottobre sulla riforma costituzionale, anche questa è una riforma. «È una norma di buon senso, non puoi dire che ti è scappato il badge…chi fa questo sta truffando lo Stato, il Comune, la Regione, la Asl». I contratti del pubblico impiego, ha aggiunto, «sono stati ridotti da 15 a 4. È ora possibile iniziare a discutere con i sindacati per il rinnovo che è fermo da anni». La logica del tutto, ha spiegato in conferenza stampa, è: «Se mi freghi ti stango, se lavori bene premio il tuo lavoro».

È toccato alla ministra Marianna Madia – e poi al suo sottosegretario Angelo Rughetti – spiegare i dettagli del provvedimento anti-furbetti. Perché in effetti se trovati in flagranza, come i dipendenti di Maddaloni, o da una registrazione acquisita dai giudici come fu mesi fa per i colleghi del Comune di San Remo, tra cui un vigile ripreso mentre timbrava in mutande e ciabatte e poi tornava a dormire nella casa-portineria, esiste la possibilità, già oggi, del licenziamento. Ciò che cambia è la chiamata in causa del dirigente superiore che copre un comportamento di assenteismo colpevole, anche lui licenziabile ora.

Le nuove norme sono inoltre rivolte a restringere il contenzioso e l’impugnativa di fronte a una procedura di licenziamento. Ciò che si va a colpire è la possibilità che i licenziamenti siano resi vani per vizi formali, relativi al procedimento amministrativo. «Oggi – ha spiegato il sottosegretario Rughetti alla trasmissione radio di Oscar Giannino – in molti casi si viene reintegrati solo perché non si è rispettato un dato termine e non perché il giudice dice che l’amministrazione ha sbagliato a valutare e in realtà il comportamento del dipendente era corretto».

Madia ha assicurato che «nel testo unico continueremo un lavoro molto serio sui procedimenti disciplinari e le aberrazioni per le quali per un vizio formale si blocca tutto», il che fa pensare che l’iter delle nuove norme sia solo iniziato, con il solito effetto-annuncio.

Nella spiegazione di Palazzo Chigi già con il decreto varato ieri il dipendente che viene colto a strisciare il badge per poi andare via deve essere sospeso entro 48 ore, senza stipendio ma con un assegno alimentare (50% retribuzione base). Dopo questa prima sospensione parte il procedimento che si conclude entro 30 giorni dalla contestazione dell’addebito, contestuale alla conferma della sospensione dal lavoro. Il procedimento è suddiviso in due parti, con almeno 15 giorni per la difesa (e un plus di 5 giorni massimo). La violazione dei termini non determina più l’annullamento del licenziamento, a meno che venga compromesso il diritto alla difesa. C’è anche la responsabilità per danno d’immagine, da valutare in base all’eco mediatica (la multa parte da sei mensilità).