Le denunce e le accuse di Matteo Renzi ai tre pubblici ministeri che hanno condotto le indagini sulla fondazione Open portano alla naturale reazione della magistratura. «Le parole del senatore della Repubblica travalicano i confini della legittima critica – osserva l’Associazione nazionale magistrati – e mirano a delegittimare agli occhi della pubblica opinione i magistrati che si occupano del procedimento a suo carico».
Nella lunga nota dell’Anm c’è una una convinta difesa dei tre colleghi Creazzo, Turco e Nastasi: «Hanno adempiuto il loro dovere, hanno formulato una ipotesi di accusa che dovrà essere vagliata, nel rispetto delle garanzie della difesa, entro il processo, e non è tollerabile che siano screditati sul piano personale soltanto per aver esercitato il loro ruolo».

Ma il senatore di Scandicci insiste, e dalle frequenze della «sua» Radio Leopolda torna ad attaccare sia l’inchiesta che lo vede coinvolto per il sospetto di finanziamento illecito ai partiti, sia coloro che l’hanno condotta e coordinata: «Lo sanno tutti che questa vicenda finirà in un buco nell’acqua – afferma Renzi – non c’è reato. Non faccio il berlusconiano ma non faccio nemmeno il buonista. Saranno dei magistrati a decidere se quello che hanno fatto i pm di Firenze è corretto oppure no, mi assumo la responsabilità di questa strategia legale».

Una strategia che ha portato Renzi a denunciare alla procura di Genova, competente in casi del genere, sia il procuratore capo fiorentino che i suoi due sostituti. Uno dei quali, Antonino Nastasi, tirato in ballo dal leader di Italia Viva per le sue supposte scorrettezze nel caso della morte del capo comunicazione Mps, David Rossi («Nastasi è accusato da un ufficiale dell’Arma di aver inquinato la scena criminis nell’ambito della morte di Rossi»), risponde nel merito, dati alla mano, nel corso della sua audizione alla commissione parlamentare di inchiesta sulla vicenda: «Scena inquinata? Assolutamente no».

Nel suo lungo intervento in radio, Renzi lancia una bordata anche al sindacato dei magistrati: «La mia vita è stata scardinata con un dolore personale e familiare che non auguro al peggiore nemico, e l’Anm è stata sempre in silenzio». La reazione, va da sé, non si fa attendere: «Questi inaccettabili comportamenti – scandisce l’associazione – specie quando tenuti da chi riveste importanti incarichi istituzionali, offendono i singoli magistrati e la funzione giudiziaria nel suo complesso, concorrendo ad appannarne ingiustamente l’immagine di assoluta imparzialità, indispensabile alla vita democratica del Paese».

Ma ormai Renzi si trova bene nei panni del perseguitato, e annuncia la pubblicazione di un libro sull’inchiesta riguardante la fondazione Open: «Il 5 aprile, dopo la sentenza del gup perché io rispetto la legge, pubblico un libro su ciò che è accaduto in Italia, le violazione di legge, le stranezze, perché è bene lasciare traccia di tutto». La conclusione, al solito, è ad effetto. E non allenterà certo le tensioni: «Io mantengo il sorriso, ma rispondo colpo su colpo».