Ieri pomeriggio a Napoli si doveva firmare l’accordo sul piano di rigenerazione urbana di Bagnoli con il ministro Claudio De Vincenti, il governatore campano Vincenzo De Luca e il sindaco Luigi de Magistris in prefettura a siglare la pace, dopo tre anni di battaglia cominciata con lo Sblocca Italia. Matteo Renzi aveva strategicamente fissato due ore prima un videoforum nella redazione del Mattino per presentare il suo libro Avanti.

Poi però gli impegni di De Vincenti con il dl Mezzogiorno hanno fatto slittare la firma a questa mattina e l’ex premier si è trovato fuori sincrono. Ma l’occasione è stata comunque propizia per dichiarare che il risultato è tutto suo: «Il 6 aprile 2016 abbiamo approvato il programma di bonifica e rigenerazione urbana di Bagnoli. Fuori c’erano le sassaiole e il sindaco in prefettura non c’era. Ora ha cambiato idea, evviva il sindaco». Non c’è tempo per spiegare che il piano, in un anno, è stato cambiato grazie ai comitati che si sono opposti, ai ricorsi alla Corte costituzionale, alle resistenze dell’amministrazione e il risultato finale è frutto della mediazione del governo Gentiloni.

La gita in città era cominciata con la visita agli scavi di Pompei con famiglia al seguito. Su Istagram un breve commento: «E’ sempre un’emozione impressionante». Alzando lo sguardo dalle rovine c’è il Vesuvio che brucia da due settimane, non si riescono a spegnere i roghi anche a causa della riforma Madia, uno dei capolavori dei suoi mille giorni a palazzo Chigi, ma Renzi si distrae con le antichità grecoromane e non ci pesa. Più tardi, al direttore del Mattino, troverà il modo di sottolineare che anche il successo di Pompei è un merito suo. Il ministro Dario Franceschini non viene menzionato, i rapporti non sono brillanti. Anche dei roghi se ne ricorda durante l’intervista per sottolineare che bisogna essere uniti: «Se c’è un incendio occorre bloccare il piromane e lottare perché non succeda più». Il 5 Stelle Roberto Fico scrive: «Renzi va in vacanza in pantaloncini, mentre il Vesuvio brucia».

Del resto Ciro Bonajuto, il renzianissimo sindaco di Ercolano, uno dei comuni vesuviani devastati dagli incendi, pure è in vacanza ma negli Usa grazie all’International Visitor Leadership Program. Dagli States la scorsa settimana ha fatto sapere: «Sto vivendo il disastro in maniera ancora più sentita di come se fossi lì». A tornare però non torna, il disastro non intralcia né i piani suoi né quelli di Renzi che, nel pomeriggio, racconta dei rapporti con la minoranza, con i ministri Padoan e Calenda e con Berlusconi. Massimo sostegno al governo Gentiloni e poi ci sono le riforme dei mille giorni: il Jobs Act e la legge Fornero (difesa da Renzi) verranno copiate da Macron, la Buona scuola andava solo comunicata meglio, l’alternanza scuola lavoro e i bonus funzionano, l’Anticipo pensionistico va benissimo. Un neo c’è: sulla giustizia «non abbiamo avuto abbastanza coraggio» ma è in mano ad Andrea Orlando, un altro con cui i rapporti non sono brillanti.

Mentre il dibattito scivola sereno, a Roma c’è la riunione dei segretari regionali dem, all’ordine del giorno i congressi locali ma a tenere banco è anche lo stato dei conti. Il Pd ha 9 milioni di debiti, 184 persone in cassa integrazione, da giugno non arrivano gli stipendi e, confessa un dirigente locale, il piano di rientro potrebbe portare al licenziamento del 50% dei dipendenti.

Il segretario Renzi però non si fa problemi di cassa: per la campagna referendaria sarebbero stati bruciati più di 11milioni di euro. Lo stesso dirigente si chiede quanto costi Democratica, il pdf che ha sostituito L’Unità.
A Napoli, intanto, il direttore del Mattino Alessandro Barbano chiede che fine ha fatto il lanciafiamme con cui cambiare la classe dirigente del Sud: «Sarà oggetto del prossimo libro» replica Renzi, si alza e va via. In prima fila ad ascoltarlo la classe dirigente di centrodestra a cominciare dall’imprenditore Gianni Lettieri, per due volte candidato di Forza Italia a sindaco di Napoli. Presente anche De Luca, l’unico del Pd.