Ultimatum numero due. Un Matteo Renzi sulla soglia dell’ubiquità lo lancia dal Teatro Olimpico, dove in serata tiene la sua ultima iniziativa romana, e contemporaneamente da Porta a Porta, in una puntata registrata nel pomeriggio. Il messaggio è uno, lo stesso di domenica: se il governo non si dà una mossa, salta. «Oggi con Grillo e Berlusconi abbiamo le larghe intese dell’opposizione. E sono bravi a fare opposizione. Quindi o noi, da fulcro del governo, riusciamo a far sì che Letta riesca a fare le cose che servono a italiani o alle prossime elezioni Grillo e Berlusconi ci fanno un bel panino e ci portano via».

Fra i fedelissimi di Renzi c’è chi giura che non è un bluff. Che Renzi ha spiegato a Letta che il governo non può galleggiare. Che lui, Renzi, non ha paura del voto. Che ha già preparato tutto: non solo la segreteria – 12 persone, metà donne – ma anche un nuovo governo. Sulla prima non si tratta: se vince, lunedì la presenta: «I segretari del Pd si sono sempre fermati a discutere con il singolo capocorrente. Se vinco, presenterò questa squadra. C’è senza bisogno di trattarla», dice. La road map renziana prevede, già all’indomani delle primarie, una riunione con i gruppi parlamentari per comunicare che «si cambia verso», che serve un rimpasto di governo, che con l’Ndc di Alfano «va bene collaborare ma partendo da rapporti di forza che non sono quelli di questi ultimi mesi in cui sembrava che il Pd fosse a rimorchio».

Tradotto: a casa molti ministri alfaniani, e forse anche qualcuno del Pd (come il ministro Zanonato, considerato ’poco attivo’), accelerazione massima sulla legge elettorale, iniziative simboliche sul territorio, come portare nella Terra dei fuochi mille sindaci. Poi l’11 sì alla fiducia a Letta. Ma a condizione che entro gennaio dia un programma dettagliato per il 2014, un «patto alla tedesca». Con un timing preciso. «Dobbiamo essere seri con noi stessi», spiega il sindaco. «In questi mesi, tutte le partite sono state rinviate. Imu compresa. Chi vota per me l’8 dicembre vota per tre cose precise che ho chiesto al governo», taglio alle spese della politica, nuove leggi sul lavoro e ricontrattazione dei patti europei, «e i gruppi parlamentari si adegueranno a quello che hanno votato gli elettori».

Renzi si dispone, a parole almeno, a sfidare i parlamentari Pd, almeno quelli che non si adegueranno a «cambiare verso». E non crede, dice chi ci ha parlato, che il presidente Napolitano, preso atto della situazione, possa compiere atti che rallentino l’eventuale corsa verso le urne. Renzi giura che non si tratta della sua ambizione di «prendere il posto di Letta». «Oggi ci troviamo in una condizione particolare: uno della mia squadra che è solo davanti alla porta e non è in fuorigioco. Io sono a metà campo. Che faccio, scarto tutti e vado in gol? No, volentieri passo la palla a Letta».

Il premier si trincera dietro la felpata certezza che «il segretario del Pd eletto domenica sarà un motore fondamentale per un governo forte che faccia del 2014 l’anno delle riforme». Con i migliori auguri di successo alle primarie che serviranno «per una forte spinta al governo».

Ma se Letta, a giudizio di Renzi, non andasse in gol, la spinta si trasformerebbe davvero in uno spintone? Il candidato Pippo Civati, che al governo (che «un tempo avremmo chiamato del ribaltone», dice ad Agorà, RaiTre) augura tre mesi di vita giusto per fare la legge elettorale, sarebbe della partita di Renzi.

Gianni Cuperlo no, almeno per il momento: «Ma cosa sono quelle di oggi se non minacce a Letta? Il sindaco di Firenze dice ’basta rinvii’. Sono d’accordo con lui. Questo governo deve fare le cose che servono al Paese per uscire dalla crisi. Ma ricordo a Renzi che questo è lo stesso metodo usato da Berlusconi, da Brunetta e Gasparri». Lo sfidante non si sottrae dal ruolo di «garanzia di stabilità», per dirla con le parole di Massimo D’Alema. Fi fatto Cuperlo frena sulla crisi. «Saranno pochi i senatori di Alfano, per cui non ho grande simpatia, ma sono decisivi per la sopravvivenza del governo. Noi il governo lo vogliamo aiutare o lo vogliamo fare cadere?».

Ma appunto, ora la palla passa a Letta. Se quello di Renzi non è solo un bluff per trascinare gli scettici ai gazebo, Letta potrebbe lasciare già a febbraio Palazzo Chigi. Per ritrovarsi magari capolista in tutta Italia alle Europee, per mandare a Strasburgo una squadra italiana capace di non farsi maltrattare, com’è successo ieri, dal commissario Olli Rehn. Verso il quale Renzi non è tenero: quello che dice un commissario «non è Vangelo». E quanto al vincolo del 3 per cento: «Col piffero che io continuo a seguire il patto di stabilità se l’Europa è in mano ai burocrati».