Due giorni dopo il voto del Senato che ha salvato Conte ma senza maggioranza assoluta, ancora non si vede la fine del tunnel. Anzi, col passare delle ore le speranze del premier di organizzare in tempi rapidissimi un nuovo gruppo in Senato a sostegno del governo si affievoliscono.

La crisi si sta avvitando pericolosamente, al punto che Matteo Renzi- colui che l’ha provocata convinto che non si sarebbe andati a elezioni- ora tenta una frenata d’emergenza: «Visto che siamo ancora in tempo per fermarci, il mio appello è “non fate un baratto di singoli parlamentari, tornate alla politica”», ha detto ieri a Piazza pulita. «La nostra astensione di martedì è stata un segnale di apertura al compromesso, se volete confrontarvi, nelle sedi istituzionali, ci siamo».

UN APPELLO FUORI TEMPO massimo, a sentire palazzo Chigi e anche il Pd. «Matteo si cacciato in una buca e ora non sa più come uscirne», dicono dal Nazareno, dove la preoccupazione cresce giorno dopo giorno. Così come la convinzione che la situazione stia «scivolando su un piano inclinato verso le elezioni».

Ieri l’ha ripetuto ancora una volta Goffredo Bettini: «Se in queste settimane riusciamo a consolidare e allargare i numeri bene. In quel caso si farà un Conte ter e il premier andrà da Mattarella. Spero vada così, ma non è detto. Altrimenti si andrà al voto, lo sbocco naturale in democrazia quando sono finite tutte le opzioni».

E’ proprio sulla fine delle altre opzioni che stanno ragionando i dem. Consapevoli di non poter partecipare a un governo di unità nazionale con Forza Italia e la Lega, per ragioni ideali e di programma, certo, ma anche perché «alle elezioni successive rischiamo di sparire». «Ma come facciamo a fare un governo istituzionale con una destra che in Europa è legata a Orban? Non si può mettere insieme cose che non stanno insieme», insiste Bettini, ormai quotidianamente.

SUL FRONTE PARLAMENTARE l’operazione «allargamento», la caccia a «responsabili» e «volonterosi» non decolla. L’indagine a carico del segretario Udc Lorenzo Cesa non solo ha fermato la ricerca in quel gruppo (che comunque pretendeva le dimissioni di Conte prima di iniziare a trattare), ma ha fatto esplodere dentro il M5S l’imbarazzo al grido di «C’è un limite a tutto». «È evidente che questo consolidamento del governo non potrà avvenire a scapito della questione morale, dei valori che abbiamo sempre difeso e che sono fondanti del progetto 5 Stelle», avverte Di Maio.

Un paletto, condiviso da Di Battista, Laura Castelli e altri big, che rischia di complicare di molto le cose. Tanto che i tra i grillini qualcuno si chiede se non sia il caso di riaprire le porte a Italia Viva. «Io distinguo i parlamentari di Iv da Matteo Renzi. Con i colleghi di Italia Viva continuiamo a lavorare bene», dice la capogruppo in commissione Finanze alla Camera Vita Martinciglio. «In amore come in politica mai dire mai…».

AL NETTO DEGLI DEGLI IDEALI, il problema è che i responsabili non arrivano. E che se anche 3-4 senatori renziani si staccassero (si parla con insistenza di Eugenio Comincini, Leonardo Grimani, Donatella Conzatti e Anna Maria Parente, ieri notte lunga riunione dei gruppi con Renzi che ha tentato di fermare le uscite) non sarebbero risolutivi, visto che senza senatori a vita la maggioranza oscilla tra 152 e 153 voti, dieci sotto la soglia di sopravvivenza.

E la giustizia resta un tema divisivo nel reclutamento di centristi e forzisti. «Non posso sostenere un esecutivo con Bonafede alla giustizia», ha detto ieri Luigi Vitali, senatore pugliese di Forza Italia considerato in bilico. «Io sono stato contattato come tanti altri, ma allo stato non vedo i margini per passare alla costituzione di un nuovo soggetto politico». Corteggiatissimi anche i tre senatori vicini a Giovanni Toti, ma loro insistono: «Serve un governo di unità nazionale». Tradotto: Mario Draghi. Nome che piace molto anche a Forza Italia e ai moderati della Lega come Giorgetti.

ANCHE I RESPONSABILI già usciti allo scoperto faticano: in queste ore il tentativo in Senato è di costruire il gruppo Maie-Italia23, lanciato alcuni giorni fa da Ricardo Merlo e Raffaele Fantetti come embrione del progetto contiano. Dovrebbero entrare Sandra Mastella, gli ex Fi Andrea Causin e Mariarosaria Rossi, Lello Ciampolillo e Gregorio De Falco. Con gli attuali 5 senatori si arriverebbe a 10, dunque a un gruppo autonomo, decisivo per risollevare la maggioranza nelle commissioni in bilico e nella capigruppo. Ma, fino a ieri sera, l’amalgama non era ancora riuscita.