Il Consiglio superiore della magistratura ha approvato la collocazione fuori ruolo di Carlo Renoldi, il magistrato scelto da Marta Cartabia come prossimo capo del Dap, il dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. Contro questa scelta, si erano rumorosamente espressi nei giorni scorsi esponenti della Lega e del M5S, considerando Renoldi – che è oggi è consigliere della Cassazione penale ma è stato a lungo giudice di sorveglianza e ha fatto parte della commissione Giostra per la riforma dell’ordinamento penitenziario – troppo indulgente verso le garanzie dei detenuti, anche dei mafiosi al 41bis.

L’esito di queste polemiche è stato che il Csm si è espresso a maggioranza, con il voto contrario del consigliere laico indicato dalla Lega Cavanna e l’astensione di quello indicato dai 5 Stelle Gigliotti. Si sono astenuti anche i togati Ardita e Di Matteo, ex della corrente di Davigo (con il quale hanno rotto) che non hanno apprezzato un passaggio di un vecchio discorso di Renoldi in cui il magistrato criticava i limiti dell’«antimafia militante» (Renoldi ha poi scritto una lettera alla ministra per spiegare il senso di quelle vecchie frasi, estrapolate). Questa spaccatura può anticipare un analogo comportamento dei ministri leghisti e grillini quando il Consiglio dei ministri dovrà dare il via libera alla nomina, passaggio da sempre considerato puramente formale.

Favorevoli al collocamento fuori ruolo, in teoria deciso a prescindere dalle valutazioni di merito, sono stati tutti gli altri consiglieri togati del Csm. «La vera responsabilità di chi va ad assumere l’incarico di direzione delle carceri, oggi, è fare in modo che la pena assolva alla funzione che la Costituzione le assegna», ha detto il consigliere Cascini a nome del gruppo di Area