«Dalla crisi si uscirà solo con nuove idee e un cambiamento profondo dell’economia e del lavoro». Quante volte abbiamo sentito queste frasi dal 2008 ad oggi? E quanto spesso sono state accompagnate dalle solite argomentazioni sulla necessità, in questa fase, di concentrare gli sforzi sui tagli alla spesa pubblica per poi, dopo, passare a ragionare di risorse, riforme e investimenti? Il problema è che questa narrazione dell’Italia, dove ci si può aggrappare solo alla promessa di un futuro migliore, sta condannando il Paese a una disoccupazione dai contorni drammatici.

Contro questa politica dei due tempi occorre muovere idee e analisi capaci di guardare dentro i problemi del Paese, di scalare anche la montagna del bilancio dello Stato per far capire come vi sia un mondo da cambiare, ripensare, spostare. Un esempio sono i sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili o la vergognosa situazione di canoni irrisori per chi sfrutta beni ambientali come le cave, le acque minerali, i suoli urbani, il demanio marittimo. Legambiente e Radicali Italiani hanno messo nero su bianco una situazione fatta di rendite, illegalità, inefficienze individuando chiare proposte per cambiare in un Manifesto presentato il 21 Maggio a Roma. Cosa si propone? Di eliminare la giungla di esenzioni alle accise e di sussidi sui prodotti energetici, per rimodulare la tassazione sulla base delle emissioni climalteranti e dell’efficienza energetica. E finalmente di introdurre regole di tutela e canoni minimi in tutta Italia per chi sfrutta i beni comuni ambientali, per dire basta a una situazione di illegalità e abusi, controllo delle ecomafie come avviene ad esempio per le cave in larga parte del Sud Italia. E’ infatti inaccettabile che si continui a chiudere gli occhi di fronte a rendite miliardarie per chi imbottiglia acque minerali che provengono da sorgenti le cui concessioni dovrebbero essere gestite nell’interesse generale. Ma la stessa situazione si riscontra nella gestione degli stabilimenti balneari su un demanio che è pubblico, e senza dimenticare quanto sia bassa la tassazione per chi trasforma suoli agricoli ad usi urbani a fronte di enormi rendite generate.

Nel Manifesto sono individuate risorse pari a 10 miliardi tra rendite e sussidi anti-ecologici che possono essere cancellate e spostate su investimenti in efficienza energetica e qualità ambientale, senza dimenticare i benefici di un ripristino di legalità e trasparenza nel territorio italiano. Una politica che anche i manuali di economia definirebbero di sinistra, perché sposta il peso della fiscalità sulle rendite liberando quella sul lavoro, e perché fissa regole uguali per tutti e nel rispetto dell’ambiente. Proprio la fiscalità, come avviene in altri Paesi europei, può contribuire a muovere investimenti innovativi e fare da volano per una green economy capace di creare lavoro duraturo in settori come l’edilizia, l’energia, i rifiuti, nella valorizzazione e riqualificazione del patrimonio ambientale. Sono proposte che mettono di fronte a una chiara scelta di campo. Continuare a lasciare in mano a ecomafie e interessi delle solite lobby interi settori dell’economia italiana o, sul serio, «cambiare verso». Il presidente del consiglio che promette di far ripartire l’Italia avrà il coraggio di seguire questa strada o quella di chi, da dentro il governo, propone invece di togliere risorse proprio alle fonti rinnovabili?

*Vicepresidente Legambiente