Cannes non è mai stata, almeno negli ultimi decenni e nelle competizioni prinicipali, una manifestazione lanciata e proiettata verso il rischio e la scoperta di nuovi territori cinematografici, specialmente quelli dell’Asia estremo orientale, un «compito» che negli anni è stato adempiuto di più da festival come quello di Venezia, Berlino o Locarno, solo per citare i nomi più grossi. Nelle ultime edizioni però singolarità autoriali uniche come quelle di Lav Diaz e Apichatpong Weerasethakul hanno fatto «scoprire» la presenza di cinematografie di paesi, per così dire, nuovi sulla mappa cinefila internazionale, anche ad un pubblico non attento alle periferie dell’impero. Questa tendenza a basso rischio si conferma anche nell’edizione 2017 del festival, rinunciando alla diversificazione geografica, almeno rispetto al cinema estremo orientale, si è virato al contrario sulla quantità. Molti saranno infatti i lavori presentati a Cannes provenienti dall’estremo oriente ma in rappresentanza di solo due affermati paesi come il Giappone e la Corea del Sud. Tenendo ben presente che il cinema come arte è apolide per eccellenza e che quindi i discorsi sull’appartenenza geografica di un film e di un determinato autore lasciano sempre il tempo che trovano, non si può negare il fatto che il cinema come fenomeno portatore di cultura in senso lato e come punto di arrivo di un processo produttivo ben specifico sia molto legato alla situazione socio-politico da cui scaturisce. Specialmente in un paese in continua ebollizione culturale e sociale come la Corea del Sud, il nuovo presidente è stato eletto da pochi giorni dopo che proteste fiume avevano fatto cadere il precedente, gli avvenimenti politici ed il clima della società spesso si riflettono inevitabilmente anche nel suo cinema.
IL CONCORSO
In competizione troveremo, come ogni anno verrebbe da dire e non fa quasi più notizia, l’ultimo lavoro di Naomi Kawase, oramai una presenza fissa nel sud della Francia nel mese di maggio, la carriera della regista giapponese come autrice di fiction fu lanciata infatti sul palcoscenico internazionle proprio a Cannes nel 2007 quando vinse il Grand Prix con The Mourning Forest. Apprezzata documentarista fin da giovanissima Kawase da sempre divide critica e spettatori, i suoi film hanno un taglio spirituale che più di qualche volta per il modo in cui si presentano irrita, ma che nei momenti migliori è capace di essere rivelatorio. Se An, il film che fu presentato lo scorso anno alla Croisette, si era rivelato uno dei migliori Kawase di questi ultimi anni, in questa edizione la giapponese nativa di Nara porterà Radiance. Coprodotto da Francia e Giappone il lungometraggio si focalizza sulla relazione fra Masaya, un cameraman, e Misako, una donna che non riesce più a connettersi e far parte del mondo che la circonda. Sempre in competizione troveremo Sang-Soo Hong con il suo The Day After, uno dei migliori rappresentanti del cinema d’autore asiatico che arriva dal successo di critica della Berlinale con On the Beach at Night Alone. The Day After è la storia di una donna al suo primo giorno di lavoro in una piccola casa editrice che suo malgrado si ritrova catturata in una complicata relazione fra il suo boss e le donne che egli ha amato ed ama ancora. Hong che è qui alla sua quarta partecipazione fra i film in competizione in poco più di dieci anni, porta nella sezione Special Screening un altro lungometraggio, Claire’s Camera, film coprodotto da Francia e Corea del Sud e che il regista coreano ha girato proprio a Cannes durante il festival dell’anno scorso con la stessa Min-hee Kim e Isabelle Huppert, una storia dove attraverso le fotografie di una Polaroid una delle due protagoniste è capace di rivelare il passato ed i possibili futuri dell’altra. Entrato probabilmente in una nuova fase della sua carriera, Hong è uno dei nomi che saranno più seguiti durante tutta la manifestazione, anche grazie al suo stile molto adatto alle competizioni festivaliere. Di tutt’altro genere sarà l’altro film proveniente dalla penisola coreana e presentato in competizione, Okja, un lungometraggio di fantascienza diretto da Joon-ho Bong con Tilda Swinton e Jake Gyllenhaal e prodotto da Netflix. Più che delle aspettative per il film stesso, Bong è autore conosciuto almeno per Snowpiercer del 2013, Okja ha già fatto parlare molto perché si tratta di un lavoro che doveva essere distribuito direttamente ed in maniera esclusiva su Netflix, senza passare quindi per nessuna proiezione in sala, primo caso di questo genere al festival di Cannes assieme a The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach, anch’esso in competizione in questa edizione. Sembra però che il colosso americano dello streaming dopo pressioni da parte di vari distributori si sia accordato per un minimo e breve passaggio nelle sale francesi di questi due film, una decisione che comunque non cambierebbe di molto una problematica che segnala delle inevitabili mutazioni nel sistema distributivo già in atto.
AL CERTAIN REGARD
Un Certain Regard ospiterà ancora una volta Kiyoshi Kurosawa che proprio in questa sezione aveva ricevuto nel 2008 la sua consacrazione internazionale post J-Horror con Tokyo Sonata, in questa edizione il regista giapponese porterà Before We Vanish, film che vedrà Kurosawa cimentarsi con il genere fantascientifico. Sarà interessante vedere in che modo il giapponese sia o meno riuscito a fondere la sci-fi più pura, un uomo scompare per alcuni giorni dalla sua famiglia per poi ritornare dichiarando di essere un alieno venuto per conquistare il pianeta, con il disfacimento e l’analisi psicologiche delle relazioni familiari a cui Kurosawa ci ha abituati nei suoi ultimi lavori.
ANCORA GIAPPONE
Restiamo sempre in Giappone per Blade of the Immortal di Takashi Miike che sarà proiettato fuori concorso, il film che è uscito già da un paio di settimane nell’arcipelago, è un jidaigeki (film in costume) atipico ambientato durante il shogunato Tokugawa in cui il protagonista, interpretato dal noto volto televisivo Takuya Kimura, deve uccidere 1000 uomini che hanno compiuto qualche malvagità per liberarsi dall’immortalità, sua maledizione. Neanche a parlarne il lungometraggio è tratto da un manga di successo, da decenni questo processo manga-anime-film sta disintegrando e soffocando la qualità del cinema dell’arcipelago, di fatto tarpando le ali a qualsiasi progetto che si basi su un soggetto ed una sceneggiatura originali. Sarà inoltre interessante vedere se Miike oramai impegnato solo in grandi produzioni, dopo l’orribile Terra Formars sarà capace di riscattarsi, vista anche la sua bravura in passato a dirigere jidaigeki di notevole spessore come Hara-kiri e soprattutto 13 Assassins.
A MEZZANOTTE
Anche le proiezioni di mezzanotte parleranno molto coreano con due film presenti, The Villainess di Jung Byung-gil Jung, storia di sanguinosa vendetta dove una ragazza cresciuta ed addestrata per diventare una killer professionista cambia identità e si trasferisce in Corea del Sud e The Merciless diretto da Byun Sung-Hyun, noir ambientato in una prigione.
CLASSICI
Sempre ricca di belle sorprese è la sezione Cannes Classici, dedicata al recupero ed al restauro di opere ritenute classici o meritevoli di una riscoperta da parte di un pubblico più ampio. Due sono le pellicole giapponesi restaurate e presentate in questa sezione laterale della kermesse francese, La ballata di Narayama di Shohei Imamura che proprio a Cannes nel 1983 vinse la Palma d’Oro ed Ecco l’impero dei sensi del 1976. Si tratta del famigerato lungometraggio diretto da Nagisa Oshima la cui storia produttiva è tanto affascinante quanto quella dell’amore ossessivo e carnale che viene portata sullo schermo, il film restaurato in 4K sarà anche riproposto nelle sale francesi.