Dopo una lunga attesa per comprendere le «sorti» dell’esercizio cinematografico, e della nostra fruizione del cinema sul grande schermo, dall’ultimo decreto è ufficiale: le sale potranno riaprire il 15 giugno. E si farà la Mostra del Cinema di Venezia:  un comunicato della Biennale  conferma «La 77esima Mostra Internazionale d’Arte cinematografica diretta da Alberto Barbera dal 2 al 12 settembre, il 48esimo Festival internazionale del Teatro diretto da Antonio Latella dal 14 al 24 settembre, il 64esimo Festival di Musica Contemporanea diretto da Ivan Fedele, dal 25 settembre al 4 ottobre, il 14esimo Festival internazionale di Danza Contemporanea diretto da Marie Chouinard dal 13 al 25 ottobre». Una scelta, quella della Biennale, che arriva anche grazie alla riapertura delle sale prevista proprio dal decreto, che dispone le misure da rispettare per tornare al cinema: il distanziamento fra gli spettatori – nel caso dello spettacolo dal vivo anche degli artisti, che pone un’altra serie di problemi – l’obbligo delle mascherine, frequente igienizzazione degli ambienti, misurazione della temperatura all’ingresso, divieto di consumazione (e vendita) di cibi e bevande, incremento della vendita di biglietti online per evitare assembramenti e file. Per gli spettacoli all’aperto il limite massimo è di 1000 persone, per quelli al chiuso di 200.

LE DOMANDE lasciate aperte dalle disposizioni del decreto sono tante, a partire dalla capacità delle sale più piccole di fare fronte al contingentamento dei posti fino all’interrogativo che si pongono esercenti e distributori in tutto il mondo: in quanti andranno al cinema lasciandosi alle spalle la paura del contagio? Molto critico nei confronti del decreto è il presidente dell’Anec Mario Lorini, che in una dichiarazione sul sito dell’Ansa ha detto: «In queste condizioni le misure per le sale cinematografiche sono irricevibili. Prefigurano un’insostenibilità economica e operativa che può minare il riavvio del settore» – in quanto, oltre a essere particolarmente stringenti, lascerebbero intendere che andare al cinema sia più pericoloso di altre attività. «Chiederemo urgentissimamente un confronto per opportune e necessarie revisioni».

E l’entusiasmo per la riapertura sembra lasciare il posto alla cautela nell’intervista rilasciata da Andrea Occhipinti – a capo di Lucky Red e Circuito Cinema – a «Variety»: «Per poter riaprire le sale cinematografiche, gli spettatori devono potersi sentire al sicuro e tranquilli». E, aggiunge: «In quanto esercenti dovremo capire quante persone andranno effettivamente al cinema». Inoltre, dato che le sale potranno occupare meno del 30% dei loro posti, «sarà un po’ complicato da un punto di vista economico».

E NEL FRATTEMPO continuano a fiorire le piattaforme: oltre a MioCinema di Circuito Cinema e Lucky Red – con cui è appena uscito Les Miserables di Ladj Ly- ci sarà l’imminente debutto della piattaforma IoRestoinSala di cui faranno parte anche le sale del circuito Anteo e la Cineteca di Bologna, mentre Rai Cinema lancerà direttamente in streaming, su RaiPlay, alcuni dei suoi film a partire da Magari di Ginevra Elkann.

E POI naturalmente c’è l’attesa per i blockbuster: molti articoli di testate Usa danno la misura della partita che si gioca con l’uscita di Tenet di Christopher Nolan, e di cui si parla ormai da tempo: se veramente Warner Bros deciderà di fare la scommessa di portarlo nelle sale 17 luglio, la risposta del pubblico sarà il banco di prova su cui si giocheranno le scelte degli altri grandi studios con titoli in uscita quest’estate.

INTANTO però, fra i tanti operatori dello spettacolo che ancora aspettano di essere pagati e di ricominciare a lavorare ci sono anche i lavoratori dei cinema, che rischiano di diventare i danni collaterali di un sistema che si sta sempre più riorganizzando intorno all’online. E insieme a loro quei «professionisti che lavorano nell’ombra», come si definiscono gli uffici stampa del cinema in una lettera aperta circolata ieri: «Una categoria di invisibili che è spesso misconosciuta, talvolta persino dagli addetti ai lavori».

Sulla scorta dell’iniziativa degli uffici stampa indipendenti francesi, riunitisi in un’associazione (il Clap, Cercle libre des attachées de presse de cinéma, di cui abbiamo parlato di recente su queste pagine) chiedono di essere considerati fra le categorie professionali gravemente danneggiate dalla crisi: «La crisi economica legata al Covid-19 ha talvolta comportato il blocco di alcuni pagamenti già dovuti, e inoltre la variabilità del nostro lavoro e quindi l’asimmetrica ripartizione del fatturato nel corso dell’anno spesso non hanno consentito di usufruire dei bonus previsti dal governo. Ci aspettiamo quindi che all’interno dei decreti governativi una parte della quota cinema sia destinata anche agli Uffici Stampa (cinema, audiovisivo, spettacolo dal vivo, cultura)».