Il caos. Lì dove la pandemia è più drammatica si può fare la spesa la domenica. In molte parti del sud invece è già vietato. Ogni presidente di regione agisce per conto suo. E non è estranea, pure nella drammaticità del momento, la campagna elettorale, solo rimandata. Il campano De Luca governa da facebook. Ieri ha chiuso tutti i cantieri, se l’è presa con le zeppole di San Giuseppe e ha minacciato carabinieri armati di lanciafiamme perché gli è giunta notizia di una festa di laurea. Gira sui meme armato di fucile e non è detto che gli dispiaccia.

Nel dettare le loro regole su misura, tutti i presidenti di regione richiamano la legge del 1978 che ha istituito il servizio sanitario nazionale e ha lasciato ai «governatori» (e ai sindaci) il potere di emettere ordinanze «di carattere contingibile e urgente» in materia di sanità pubblica. Del resto anche il governo lo ha fatto, nell’unico atto avente forza di legge che sta reggendo tutta l’emergenza, il decreto 6/2020 del 23 febbraio (già convertito) – gli altri sono Dpcm, atti normativi secondari. In quel decreto c’è scritto che «nelle more» dei provvedimenti del presidente del Consiglio validi per tutto il territorio nazionale, i governatori e i sindaci possono agire localmente per fronteggiare l’emergenza. E così Zaia chiude i supermercati la domenica in Veneto e lo fa anche Musumeci in Sicilia, Toti dichiara off limits al passaggio alcune zone delle città e De Luca conta i metri di distanza dall’abitazione quando si accompagna il cane, ferma chi va a correre e lo mette in quarantena. Anzi, annuncia che le sue ordinanze sul territorio nazionale sono più forti di quelle di Conte e giura che chi le viola – anche un ufficiale delle forze armate che aveva dato istruzioni diverse ai soldati in giro per le città – sarà perseguito penalmente. Si vedrà poi se i giudici daranno la prevalenza all’articolo 650 del codice penale imbracciato da ogni «autorità» o se è più forte la riserva di legge in materia penale. Ammesso che gli uffici giudiziari, fermi per mesi, avranno il tempo a fine emergenza di perseguire i corridori.

Al contrario il presidente della Lombardia Fontana si dichiara incompetente su tutto e incalza il governo a prendere le decisioni – drastiche – necessarie. Faccia da solo, gli risponde in sostanza il viceministro dell’economia Pd Misiani, «ha il potere di adottare misure più restrittive come hanno fatto altri».

Nel caos un punto è certo. Le ordinanze regionali che vanno oltre i limiti dei decreti del presidente del Consiglio sono giustificate solo sulla base di specifiche e comprovate esigenze del territorio. Ad esempio comuni dove si registra un focolaio dell’epidemia possono essere chiusi, in emergenza lo possono farlo anche i sindaci. La confusione del quadro legislativo nazionale può funzionare da alibi per le fughe in avanti dei governatori. Ma i diritti fondamentali non possono essere sacrificati al protagonismo.