L’articolo di Marco Ormizzolo sul manifesto di giovedì 9 sulla situazione degli immigrati pone in termini corretti il tema della regolarizzazione. Penso che sia giusto insistere su questa tematica e vorrei affrontare il problema della sanatoria, rilevante ora come in passato in termini generali.

In Italia ci sono oltre 5 milioni di cittadini stranieri in condizioni regolare. Una parte di essi appartiene all’Unione Europea e gode del diritto di libera circolazione, ancorché con striscianti limitazioni, e una parte altrettanto significativa viene da paesi che una volta venivano chiamati extra-comunitari. Tra i secondi alcune centinaia di migliaia sono in condizione di irregolarità.

Si tratta di persone, lavoratori e loro congiunti (questi ultimi non molti), che si trovano in questa condizione per i motivi più vari: dall’essere entrati con un visto turistico non più valido, al trovarsi con un permesso di soggiorno scaduto, all’essere entrati clandestinamente. Questa è la platea alla quale si riferiscono alcune delle iniziative in atto in questo momento e dapprima che la legge del governo portoghese mostrasse come fosse giusto e facile fare approvare una regolarizzazione – sanatoria si diceva una volta – irregolari.

In genere c’è un certo pudore a parlare di sanatorie. Esse vengono solitamente citate come esempio della storica incapacità dei governi italiani di produrre una legislazione capace di superare “le politiche emergenziali” in materia migratoria. Ma più che emergenziali, le politiche migratorie italiane per quel che riguarda gli ingressi e la permanenza dei migranti sono state di chiusura rigida a livello formale, inefficaci rispetto allo scopo, in sostanza impraticabili.

Infatti i migranti sono sempre entrati lo stesso perché ne hanno bisogno l’economia (per operai braccianti, addetti ai servizi e al commercio) e la società (per colf, badanti, addetti ai servizi sanitari). E di conseguenza per molti decenni i governi sono stati costretti a mettere in atto degli interventi di regolarizzazione: appunto le sanatorie. Poi per un’altra decina d’anni seguirono delle piccole ed equivoche sanatorie chiamate decreti flusso.

Grazie alle sanatorie sono diventati regolari un numero di migranti stimabile a qualcosa come due milioni di persone, alle quali vanno aggiunti i familiari a loro carico arrivati per le politiche di ricongiungimento o nati in Italia. Insomma se non abbiamo milioni di clandestini come in America ciò è dovuto alle sanatorie.

Certamente c’erano possibilità alternative per evitare questa pratica. Si sarebbero potuti concedere visti di ingresso per ricerca di lavoro. Si sarebbe potuto procedere a un sistema di regolarizzazione continua degli immigrati con un rapporto di lavoro in atto. E c’è anche ora una proposta in tal senso. Ma queste soluzioni furono sempre respinte.

Le regolarizzazioni vengono emanate quando il numero degli irregolari è troppo alto e quando ci sono pressioni sociali in questo senso. Portare i lavoratori in condizione di regolarità significa metterli al riparo da caporali e imbroglioni e in grado di difendere il valore della propria forza lavoro.

In situazioni come quella attuale significa anche non doversi nascondere con tutti i rischi sanitari e sociali che la clandestinità comporta. Per quel che riguarda infine il lavoro la indispensabilità i degli immigrati in alcune zone del paese è divenuta sempre più chiara. Pensiamo al caso dell’agricoltura dove si concentrano quelli in maggiore difficoltà. Giovedì 9 (a Tutta la città ne parla-Radio3) a favore della regolarizzazione si espressa ancora una volta in maniera inequivocabile la Ministra dell’agricoltura Bellanova e già hanno mostrato disponibilità in tal senso anche altri colleghi di governo. Si tratta ora di superare intralci e complicazioni burocratiche.

Si può realizzare l’obiettivo in maniera veloce e decisa con un decreto d’urgenza corrispondente all’urgenza della situazione. Ricordo che all’epoca del primo arrivo degli albanesi in massa (Brindisi 1991) si procedette alla regolarizzazione di decine di migliaia di immigrati in deroga alla legge Martelli da poco approvata sulla base di motivazioni di tipo umanitario. Il che rese possibile la regolarizzazione senza pratiche complesse e richiesta di improbabile documentazione.

Le motivazioni umanitarie (e non solo quelle) sono per lo meno altrettanto valide ora. E non c’è necessità – data la eccezionalità della situazione- che la regolarizzazione abbia limiti temporali.