Con il pessimismo di chi sa che prima dell’elezione del presidente della Repubblica sarà difficile fare progressi seri, la giunta per il regolamento della camera ha fatto ieri sera un passo nella direzione dell’unica riforma veramente imprescindibile per far partire il prossimo parlamento. Senza adeguare le regole di funzionamento di camera e senato alla pesante riduzione dei parlamentari, infatti, non si potranno neanche formare i gruppi che, chiamati al Quirinale, danno le lori indicazioni per la nascita del nuovo governo.

Sono anni ormai che le giunte, sia alla camera che al senato, girano intorno al problema. Senza riuscire a risolvere il contrasto tra chi vorrebbe un intervento minimo per adeguare i quorum fissi (come per esempio i venti deputati e dieci senatori per formare un gruppo) che a differenza di quelli espressi in percentuale sono messi in crisi dalla riduzione dei parlamentari (da 630 a 400 deputati, da 315 a 200 senatori elettivi), e chi vuole approfittare dell’occasione per mettere mano agli istituti più arcaici. Su questa posizione c’è sopratutto il Pd, che oltre agli interventi di cui si discute da anni, per esempio l’abolizione delle 24 ore di attesa tra la richiesta di fiducia e il voto, vorrebbe inserire una stretta sui cambi di gruppo, come e più di quanto è stato fatto al senato nella scorsa legislatura. Inoltre il deputato Pd Giorgis ieri ha raccomandato che la camera proceda di pari passo con il senato: senza modifiche coordinate si rischia di sabotare lo stesso procedimento legislativo . Per rompere lo stallo, il presidente della camera Fico ha sciolto il comitato di 8 membri che fin qui non ha prodotto nulla e lo ha sostituito con due relatori, Baldelli (Fi) e Fiano (Pd). Dovranno fare sintesi tra tre proposte di riforma del regolamento, quelle dei loro partiti e quella del M5S