Il nuovo senato, questo ormai lo hanno capito tutti, il governo lo vuole composto soprattutto (74 senatori su 100) da consiglieri regionali. E così è stato cambiato l’articolo 122 della Costituzione, che oggi prevede l’incompatibilità tra il mandato di consigliere regionale e quello di membro del parlamento: l’incompatibilità resta solo per i deputati. Ma è solo il coperchio. Nella pentola ci sono gli statuti regionali che stabiliscono lo stesso divieto. E così, fatta la riforma, si scopre che tredici senatori – i consiglieri di Sicilia, Sardegna, Friuli, Trentino e Valle d’Aosta – non sono eleggibili. Il nuovo senato nasce monco. La scoperta complica ulteriormente il rebus della riforma. Per avere un senato somigliante a quello che Renzi racconta in tv – fatto cioè di consiglieri regionali e sindaci scelti «in conformità» con le indicazioni degli elettori – serviranno altre due leggi bicamerali e venti leggi regionali. Al parlamento servirà una legge ordinaria per vincolare i consigli regionali alla scelta dei senatori effettivamente preferiti dagli elettori. Sarà una legge quadro, perché ogni regione resterà libera di adeguare nel dettaglio il suo particolare sistema elettorale. Il parlamento dovrà fare anche un’altra legge costituzionale – almeno quattro passaggi tra camera e senato, con in mezzo tre mesi di riflessione – per adeguare i cinque statuti regionali speciali al doppio lavoro dei consiglieri. E prima di tutto dovrà raggiungere un’intesa con le regioni. Non è detto che sarà facile. Le regioni a statuto speciale sono le grandi privilegiate di questa riforma. La loro posizione di vantaggio non è stata minimamente intaccata, mentre le regioni ordinarie sono state spogliate di molte competenze. La scelta – illogica – si spiega politicamente: per far passare la riforma erano indispensabili i voti dei senatori autonomisti. L’impegno a correggere gli statuti speciali è finito nascosto nelle disposizioni transitorie della Renzi-Boschi. Ma a questo punto, scoperto il problema, gli autonomisti sono in bilico: da una parte hanno bisogno della revisione per consentire la nomina dei loro senatori, dall’altra temono che si apra la porta al ridimensionamento delle «specialità». Il senatore bolzanino Zeller, presidente del gruppo delle autonomie avverte: «Si può intervenire rapidamente sul problema delle incompatibilità, per modifiche più articolate degli statuti servirà tempo». Intanto in Sicilia, che è la regione speciale alla quale spetta il numero più alto di senatori, si vota tra undici mesi.