Dopo i deludenti dati sulla crescita e l’onda d’urto della crisi cinese ci mancava solo un altro buco – tra i 15 e i 20 miliardi – nei conti pubblici. La questione sollevata dalla Corte Costituzionale, chiamata in causa dalla Corte dei Conti, è molto tecnica, ma rischia di diventare presto tutta politica. In previsione della prossima legge di Stabilità, sul tavolo del presidente del Consiglio Renzi e del ministro dell’Economia Padoan, infatti, potrebbe esserci proprio la recente pronuncia della Consulta che certifica «l’illegittimità costituzionale dell’assestamento di Bilancio 2013 della Regione Piemonte».

In sostanza, i giudici costituzionali contestano alla Regione di aver utilizzato i soldi della legge 35 – quelli destinati al pagamento dei debiti arretrati della pubblica amministrazione – per finanziare la spesa corrente. «Una legge dello Stato – recita duramente la pronuncia 181 della Consulta – nata per porre rimedio agli intollerabili ritardi nei pagamenti, che ha subito una singolare eterogenesi dei fini». Si parla di circa 2,5 miliardi di euro solo per il Piemonte. L’amministrazione chiamata in causa è quella dell’ex governatore leghista Roberto Cota che in un tweet parla di «strumentalizzazioni». Dopo aver scaricato le responsabilità sui debiti ereditati dall’amministrazione Bresso, l’ex governatore della Lega ci tiene a precisare che «i criteri utilizzati sono stati concordati con il Governo di allora e sono gli stessi usati dalla Giunta Chiamparino».

L’attuale governatore Sergio Chiamparino ricorda a Cota che è vero che i criteri utilizzati sono gli stessi, ma aggiunge: «Io come Commissario straordinario, posso farlo». La questione è proprio questa. Le Regioni non possono fare mutui per finanziare nuova spesa, lo Stato sì. E il presidente Chiamparino nominato commissario, al contrario di Cota, può farlo. «Il rischio che la vicenda si allarghi anche ad altre regioni c’è – avverte Chiamparino (che oltre ad essere il presidente della Regione Piemonte è anche presidente della Conferenza Stato-Regioni) – anche se bisognerà studiare bene la sentenza della Consulta».

Un trucchetto contabile, quindi, che non riguarderebbe solo il Piemonte, ma che sarebbe stato adottato anche da molte altre amministrazioni. Per questo, il rischio è di un nuovo buco nei conti pubblici, che potrebbe arrivare fino a 20 miliardi di euro.

Secondo indiscrezioni la cifra che preoccupa i tecnici del ministero si aggirerebbe intorno ai 10-15 miliardi. Lo stesso Chiamparino non lo esclude: «Non mi sembra irrealistica la cifra di 10 miliardi, anche se – aggiunge – dovremmo verificarlo bene con il ministero dell’Economia e delle Finanze».

È vero che non tutte le regioni hanno utilizzato mutui per finanziare nuova spesa, ma è anche vero che a farlo sono state proprio le regioni più grandi e con una spesa regionale consistente. Come il Lazio, la Puglia, l’Abruzzo e la Campania. Quest’ultima, infatti, ha un commissario straordinario, ma solo per le spese in sanità. Le uniche regioni che al momento sarebbero escluse sono la Lombardia e la Toscana. «I finanziamenti erogati dallo Stato per il pagamento dei debiti regionali – afferma Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana – non sono stati utilizzati per nuove spese correnti o per investimenti, e vengono regolarmente rimborsati al tasso d’interesse prefissato».

Al rientro dalle vacanze, la situazione che dovranno affrontare i tecnici del governo, rischia di far saltare i conti pubblici, perché i fondi messi a disposizione dallo Stato per pagare i debiti della pubblica amministrazione, erano, in tutto, 26 miliardi. C’è il timore concreto che il governo nella prossima legge di stabilità approfitti di questa sentenza e degli scandali che hanno interessato quasi tutte le regioni italiane – Belsito e Fiorito, in testa – per iniziare a tagliare, partendo proprio dai budget regionali. Anche per questo, forse, il presidente Rossi parla di «attacco all’istituto Regione in quanto tale». Il governatore della Toscana teme che si faccia «di ogni erba un fascio, senza distinguere comportamenti diversi tra le regioni e senza denunciare in modo chiaro chi sbaglia».

Mentre, secondo Sergio Chiamparino «su riordino, riorganizzazione della pubblica amministrazione, centralizzazione degli acquisti e riduzione delle partecipate, le regioni sono pronte a fare anche più di quello che gli viene chiesto». Su altre voci, però, come un ulteriore riduzione del Fondo sanitario la risposta è netta: «No».