Lombardia ancora maglia nera: 4.956 nuovi positivi nelle ultime 24 ore e 32.749 tamponi processati. Sale anche il rapporto tra test effettuati e casi di positività riscontrati (15,1%).
Milano è «la nuova Bergamo»: 2.306 nuovi malati in tutta la provincia di cui 1.010 solo in città. 51 i morti. Cresce anche il numero dei ricoveri, +140 mentre altri 29 sono stati trasferiti in terapia intensiva. È soprattutto quest’ultima a destare le maggiori preoccupazioni: alla vigilia della saturazione delle unità di rianimazione, era tornato in campo l’Ospedale alla Fiera di Milano. I pazienti arrivano, ma non c’è il personale. Il Pirellone aveva assicurato che «non sarebbero state depotenziate altre strutture ospedaliere», eppure l’onere di fornire personale alla Fiera è ricaduto come previsto sulle spalle degli ospedali Hub lombardi. Salvo poi rendersi conto come la pressione fosse già quasi al limite.

COSÌ, DOPO ORE di riunione tra l’assessore al welfare Gallera, la direzione generale della Sanità, e i vertici di Ats e Asst, per chiarire metodi e numeri del reclutamento (procedure che sarebbe stato utile avere già pronte) sul sito della Regione è stata pubblicata una grande chiamata alle armi per medici e infermieri. Un primo annuncio per medici, specializzati, specializzandi e laureati; un secondo per operatori assistenziali destinati alle aziende sanitarie e sociosanitarie. Per rendere operativa la Fiera, intanto, sono stati richiesti 6 medici intensivisti e 18 infermieri alla Asst Sette Laghi, che copre una rete di sette ospedali tra Varese città e provincia, dove già era stata riscontrata carenza di personale infermieristico all’inizio di questa settimana.

I NUMERI, certo, non sono gli unici problemi del comparto medico-sanitario lombardo. Tre, soprattutto – probabilmente interconnesse tra loro – sono le criticità principali. La mancanza di screening periodici sul personale ospedaliero e ambulatoriale. A distanza di mesi dalla prima fase acuta, non è stato ancora disposto un sistema di controllo «a tappeto». Il tampone viene fatto solo a personale sintomatico. Nessun tampone – ma la procedura è a discrezione delle singole aziende ospedaliere – su personale asintomatico che è stato a stretto e prolungato contatto con pazienti positivi conclamati. A ciò si aggiunge la mancanza di percorsi dedicati «sporco-pulito» (covid/non covid) all’interno dei presidi, a partire dai pronto soccorso fino alle degenze. Un limite strutturale degli edifici cui non si è posto rimedio.

Infine, la penuria di vaccini antinfluenzali: probabilmente avranno accesso a una dose solo i sanitari delle strutture pubbliche. Nessuna garanzia per quelli delle private, come ad esempio i dipendenti delle agenzie per l’assistenza domiciliare ai malati o delle ambulanze. Scarseggiando già gli operatori sanitari e aumentando i casi di nuovi positivi, il rischio sarà di avere più medici in quarantena con l’influenza (e con il Covid) che in corsia.