Nel Lazio c’è la schiavitù. Con tanto di catene, soprusi, punizioni corporali, stenti, fame, sete. E morti. È la schiavitù del caporalato in agricoltura, praticata su larga scala a una manciata di chilometri da casa nostra, che riguarda migliaia di braccianti agricoli, gran parte dei quali stranieri.

Una schiavitù nascosta, che solo negli ultimi anni è venuta alla luce grazie al lavoro di persone coraggiose come Marco Omizzolo, che oggi vive sotto scorta dopo aver aiutato centinaia di lavoratori a rompere il muro del silenzio, e di realtà associative come Terra!, impegnate in una difesa dell’ambiente che dev’essere anche, e in primo luogo, difesa dei diritti.

Da quel lavoro sono emersi particolari raccapriccianti: violenze, anche sessuali, condizioni di vita disumane, paghe irrisorie, arbitrio dei padroni sulla vita e sulla morte dei braccianti e delle braccianti. Perfino la somministrazione di droghe, per consentire di sopportare fisicamente e psicologicamente condizioni di lavoro mostruose.

Già questo, da solo, basterebbe per intervenire. Ma c’è perfino di più. A partire dalla concorrenza sleale delle aziende che si avvalgono dei lavoratori irregolari nei confronti di quelle che rispettano la legge: una concorrenza sleale della quale noi stessi siamo complici, come cittadini e come consumatori, quando non ci poniamo domande sul prezzo di quello che compriamo e mangiamo tutti i giorni.

Tra giovedì e venerdì, in una lunghissima seduta notturna del Consiglio regionale (piegando il vergognoso atteggiamento ostruzionistico della destra), abbiamo approvato una legge a nostra prima firma che prende atto del problema e tenta di mettere in campo strumenti concreti per affrontarlo. Un provvedimento doveroso, per chi come noi rappresenta tutti i cittadini della regione, compresi quelli più fragili, che non hanno voce, a cui occorre restituire la possibilità di rivendicare i propri diritti e di pensare a un’esistenza dignitosa.

La legge approvata persegue questi obiettivi attraverso una serie di misure: gli indici di congruità, per distinguere le imprese virtuose e offrire loro premialità rispetto alle altre; il coinvolgimento del terzo settore con il riconoscimento dei centri polifunzionali, per promuovere e finanziare il loro lavoro sul fronte dell’inclusione, dell’alfabetizzazione, della mediazione culturale, della formazione; gli elenchi di prenotazione, per mettere in contatto domanda e offerta di lavoro facendo emergere il sommerso; l’attività di monitoraggio e coordinamento di un Osservatorio regionale per il lavoro in agricoltura; le campagne di informazione e di sensibilizzazione anche nei paesi di provenienza dei lavoratori. E più in generale, il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati: i sindacati, le organizzazioni datoriali, i centri per l’impiego, le associazioni, le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità.

Perché lavorare insieme e fare rete è l’unica possibilità per ottenere risultati significativi. Anche quando fuori soffia il vento dell’odio e dell’intolleranza.

*Capogruppo +Europa Radicali al Consiglio regionale del Lazio
** Capogruppo Lista Civica Zingaretti al Consiglio regionale del Lazio