«Mi candido alle primarie del centrosinistra non da senatore di Sel, non da fondatore e presidente de La Puglia per Vendola, ma con l’ambizione di essere il candidato della coalizione di centrosinistra pugliese». Ieri il pugliese Dario Stefàno, presidente della giunta per le elezioni del senato ha ufficializzato la corsa alle primarie della sua regione. Non è una sorpresa: da mesi conduce una «campagna di ascolto» nel suo territorio. Ma certo è una mossa un po’ anticipata: le primarie saranno a novembre, e il voto in primavera, a scadenza naturale. Sempreché non si materializzi la voce circolata giorni fa secondo cui il presidente Vendola sarebbe tentato di dimettersi prima. Vendola, in realtà, non ha ancora ufficializzato l’intenzione di non ricandidarsi. Ma la mossa di ieri certifica che per la sinistra del centrosinistra sarà Stefàno a sfidare il candidatissimo Michele Emiliano (Pd).

La mossa è eloquente anche per gli attuali alleati di Sel, la variegata compagnia della lista Tsipras. In molti oggi, all’assemblea con il leader greco, proporranno invece di presentarsi alle regionali con un’aggregazione unitaria, a partire da quelle anticipate dell’Emilia Romagna, dopo le dimissioni di Errani, e quelle probabili della Calabria. Il segretario del Prc Paolo Ferrero lo chiede a gran voce: «Se riusciamo a costruire presto un soggetto autonomo e alternativo, questo soggetto potrà decidere. Se non si fa nulla e le regionali registrano le differenze di sempre, temo che le regionali possano diventare la tomba di un progetto possibile», ha spiegato al manifesto. Giovedì scorso, in un incontro riservato, Tsipras si è sentito ripetere lo stesso discorso da Antonio Ingroia. Che gli ha suggerito di indicare una strada unitaria, «prima che partiti e partitini rialzino gli steccati, cosa che stanno già facendo».

Per Sel, il cui stato maggiore ha incontrato il leader greco quello stesso giovedì, le cose stanno in maniera diversa: «Non esistono automatismi. Lo dimostra Tsipras quando dice che Renzi è un interlocutore in Europa e non Italia. Per noi vale lo stesso schema: oggi il Pd non è interlocutore del governo centrale, ma può esserlo nelle regioni», ragiona Massimiliano Smeriglio, responsabile organizzazione di Sel e vice di Zingaretti nel Lazio. «Ovunque cercheremo di individuare un candidato autorevole e una proposta di coalizione a partire dal programma e dalle primarie. E speriamo di costruire coalizioni vincenti per l’alternativa di governo in tutte le regioni». Così Sel ha fatto in Calabria, dove ha già lanciato il sindaco di Lamezia Speranza. E così sta provando a fare in Emilia Romagna, dove contro il candidato renziano (in corsa Matteo Richetti e Stefano Bonaccini) alle primarie si potrebbe presentare Roberto Balzani, sindaco di Forlì, del «campo democratico» di Goffredo Bettini. Un’area che ha sempre guardato con interesse alla propria sinistra, anche quella fuori dal Pd: come Sel.

All’orizzonte c’è il rischio della replica delle spine di maggio quando, in contemporanea alle europee, la lista Tsipras ha corso divisa in Piemonte e Abruzzo. In entrambi i casi ha vinto il centrosinistra, compreso di Sel, e per le liste gemellate alla lista Tsipras i risultati sono stati scarsi. Stavolta quelli dell’Altra Europa vorrebbero varare le liste dell’«Altra Italia». E sperano che Tsipras metta la sua autorevolezza su questa opzione. Ma c’è chi è sicuro che sia orientato a non entrare nella nuova probabile baruffa della sinistra italiana.