Prima il vicesegretario Andrea Orlando con una intervista al quotidiano Avvenire, poche ore dopo lo stesso Nicola Zingaretti con uno sfogo-appello su facebook: “Tra le forze politiche unite a sostegno del governo Conte prevalgono i no, i ma, i se, i forse, le divisioni. Il motivo è ridicolo: si può governare insieme quattro anni l’Italia ma non una Regione o un Comune, perché questo significherebbe ‘alleanza strategica’. Tafazzi non è stato inventato per caso. Questa è la verità”.
Il messaggio del segretario dem agli alleati di governo, soprattutto Italia Viva ma anche il M5s, è sintetizzato più diplomaticamente da Orlando (“L’idea che, mentre si prova a mandare avanti l’esperienza Conte, si faccia una campagna elettorale contrapposti, è stravagante”), ed è subito seguito da Enrico Rossi: “La mia proposta è uniti contro la destra”.
Caso mai, viste le notizie che arrivano dalle regioni che a settembre andranno al voto, dire che “le alleanze intorno ai candidati sostenuti dal Pd sono le uniche che possono fermare la destra che è unita”, provoca una immediata replica. Non solo dal partito di Matteo Renzi, cui sembra rivolgersi Zingaretti (“…il resto è l’eterno ritorno di vizi antichi di una degenerazione della politica personalistica e autoreferenziale”). Ma anche da Leu, o meglio da Sinistra italiana all’interno di Leu.
“Zingaretti ha ragione ad evocare Tafazzi – osserva infatti Paolo Cento di Si – ma dovrebbe essere anche consapevole che spesso le divisioni dipendono dal suo partito. I candidati presidenti devono essere la conseguenza di un lavoro comune con la coalizione, e non imposti dal partito più grande. Emblematica la vicenda della Liguria, dove un’alleanza larga anche con il M5S è bloccata per la contrarietà del Pd nei confronti di Ferruccio Sansa”.
Anche il renziano Ettore Rosato batte su quel tasto: “Il Pd ha scelto da solo tutti i candidati, e pretende che gli altri li seguano. Mi sembra un modo presuntuoso di fare politica”. A seguire una stilettata: “Nelle Marche, in Toscana e in Campania abbiamo raggiunto accordi non con il Pd, ma con i candidati”. Infine arriva la certificazione, l’ennesima, che Italia Viva gioca da battitore libero: “Quanto alle regioni in cui il centrosinistra avrà candidati diversi, in Liguria il Pd sta facendo tutto col M5s. Lo stesso hanno fatto in Veneto. E il no a Emiliano lo diciamo da anni: non c’è obbligo di ricandidare gli uscenti, lo dimostrano le Marche, dove a Ceriscioli è stata preferita la candidatura nuova di Mangialardi”. In serata lo stesso Renzi rincara la dose: “Io il fidanzamento con i grillini non lo faccio. E non posso stare con Emiliano, con uno che ha detto che ero schiavo delle lobby”.
L’appello di Zingaretti e Orlando arriva dunque perché la possibilità di vedere insieme Pd, Leu, Italia Viva e M5s alle regionali appare, ad oggi, assai remota. E il caso Puglia, dove i renziani hanno candidato Ivan Scalfarotto contro Emiliano, sostenuto da Pd e Leu, potrebbe replicarsi, a detta di Rosato, anche in Liguria e in Veneto. Nel primo caso per il tentativo, che pure potrebbe avere buon esito, di un’alleanza M5-Leu-Pd sul nome di Sansa; nel secondo perché perché la regione di Luca Zaia è data per persa. Quanto alle Marche, come raccontato ieri dal manifesto, il tentativo di approvare in extremis una nuova legge elettorale liberticida ha sconcertato sia Leu che il M5s. Con questi ultimi intenzionati a correre da soli, mentre a sinistra è in costruzione una lista di alternativa.
Restano la Campania e la Toscana, dove i renziani si fregano le mani perché i candidati governatori, il riconfermato Vincenzo De Luca e la new entry Eugenio Giani, sono assai graditi, e anche dati per vincenti dai sondaggi. Al momento gli unici. A prezzo comunque di rotture con i Cinque stelle, che hanno i loro candidati Valeria Ciarambino e Irene Galletti. E di fibrillazioni nell’ala sinistra della coalizione. In Sinistra italiana, che in Campania non ha ancora deciso. Mentre in Toscana continua a discutere animatamente se appoggiare Giani, o convergere su Tommaso Fattori di Toscana a Sinistra.