A cinquant’anni dalla rivolta dei “boia chi molla”, Reggio Calabria si appresta a eleggere il suo sindaco. È la città più grande in queste Comunali 2020. La sfida si preannuncia incerta. Da una parte il sindaco uscente, Peppe Falcomatà (Pd), figlio del compianto Italo, il sindaco della “Primavera reggina” negli anni ‘90, guida una coalizione di centrosinistra. Dall’altra, “lo straniero” Nino Minicuci, di Melito Porto Salvo, burocrate comunale in giro per l’Italia negli ultimi trent’anni, da Genova ad Ascoli Piceno, per il centrodestra.

Salvini è convinto di farcela a strappare al Pd quella che lui crede sarà la città del Ponte. I dem giocano in difesa e puntano a vincere al ballottaggio. I grillini sono impalpabili in riva allo stretto. A sinistra, oltre all’eterno Pino Siclari (Pcl), la novità è il movimento la Strada. Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris è venuto in città due volte in questa strana campagna elettorale d’estate per battezzare quella che lui definisce “la rottura del vecchio sistema, la rivoluzione culturale di cui Reggio ha bisogno”.

Il candidato a sindaco de La Strada e dell’altra lista “Riabitare Reggio” è Saverio Pazzano, educatore e formatore in giro per il mondo, dall’Amazzonia all’Africa passando per Napoli. A poche ore dalla chiusura della campagna gli abbiamo rivolto qualche domanda, tra un “comizio d’amore” e l’altro in giro per la città, megafono in mano.

Il tuo modello è una città euromediterranea, capace di investire sul coraggio del cambiamento, sulla volontà di rompere gli apparati di potere e clientelari, su una città multietnica. Non è un caso che De Magistris creda in una tua affermazione. Ti ispiri al modello Napoli?

Vogliamo restituire Reggio a una rete di relazioni che ha sempre caratterizzato la sua storia, ma che le ultime stagioni politiche hanno fatto appassire. Reggio è parte dell’Europa, e va collocata all’interno delle Reti di municipalità europee, come Fearless Cities, per darle respiro internazionale. In questo senso, quanto realizzato a Napoli negli ultimi anni è sicuramente fonte di ispirazione.   

Sei stato a Riace per incontrare Mimmo Lucano perché “se vuoi bloccare la Lega da lì devi partire”. Hai accusato il Pd e il sindaco Falcomatà di non avere la stessa consapevolezza.Perche’?  Falcomatà e il Pd non hanno sentito il bisogno di portare la propria vicinanza e il proprio sostegno a quello che è insieme un baluardo di umanità e uno straordinario laboratorio politico. Riace rappresenta qualcosa di insostituibile nel panorama non solo nazionale, ma internazionale, rappresenta per noi l’utopia possibile.  

Vi definite antifascisti e di sinistra ed è già tanto in questo vuoto di idealità. Cosa altro è la Strada?

La Strada è un cammino, iniziato due anni fa, intorno al fuoco vivo della Costituzione. Un gruppo di “folli” ha deciso di smettere di disperare e di tornare a sperare, aprendo porte e finestre della città al mondo, mettendo solo due paletti: la lotta alla massondrangheta e l’antifascismo. Da qui, è nato il bisogno di rimettere in dialogo reggini vicini e lontani, sotto il segno della restanza, cioè il sogno di riabitare Reggio, i suoi borghi, di poter scegliere se andare o restare. La Strada è un luogo di creatività politica, è l’opposto dei cortili, delle conventicole conservatrici di un esistente soffocante e stantio. La strada è il luogo del coraggio e dell’incontro. Cammini urbani, comizi d’amore, autobus per ricostruire comunità: non ci stanchiamo mai di incontrare volti e di ascoltare.    

L’intreccio malefico tra ‘ndrangheta “alta”, notabilato e neofascisti è uno dei mali atavici di Reggio. Come ritieni si possa spezzare questa catena?

Le catene si spezzano scegliendo di essere liberi. Non ci sono liberatori, solo popoli che si liberano. Puoi essere libero solo scegliendo di non aver dietro gruppi di interesse. La lotta alle infiltrazioni di poteri oscuri, fortissimi in questa città, parte costruendo un gruppo libero da qualsiasi apparato di potere e da qualsiasi forma di connivenza con le logiche spartitorie, a volte criminali, responsabili dei numerosi “sacchi” subiti negli anni da questa martoriata città.