Visto dalla Calabria profonda sarebbe un successo della sinistra, persino di quella radicale. Ma nei centri più grandi e costieri la musica è diversa. Le comunali calabresi ci consegnano una regione a tinte chiaroscure. Da una parte il rosso vivo dei sindaci comunisti e di sinistra di Polistena e Cinquefrondi. Dall’altra, la melassa incolore di Reggio Calabria e Crotone dove la sinistra stenta anche laddove governava e cede spazio alle forze populiste. Nella rossa Polistena, ventimila anime adagiate sulla Piana di Gioia Tauro, continua a sventolare la bandiera del Pci. Queste sono le terre di Girolamo «Mommo» Tripodi, lo storico sindaco e deputato comunista di cui si appena è celebrato il cinquantennale dalla prima elezione a primo cittadino. Una storia di riscatto, di progresso civile, di crescita socio-culturale, che sarebbe poi durata ben 35 anni. Con il 76% ieri ha prevalso Marco Policaro, della lista Difendiamo Polistena, con i simboli inconfondibili di falce, martello e stella. A pochi chilometri si riconferma sindaco di Cinquefrondi, Michele Conia, già dirigente nazionale di Sinistra Italiana, con la lista Rinascita per Cinquefrondi. Anche qui consenso straripante: quasi l’80%.

Nel capoluogo di provincia, come da copione, invece la sfida è più incerta. A Reggio il primo round finisce quasi in parità. Il sindaco uscente Peppe Falcomatà (Pd) del centrosinistra è in testa con il 36%, 25 punti in meno rispetto allo score del 2014, tuttavia in grado di garantirgli la pole position in vista del ballottaggio. La destra e il suo aspirante sindaco deludono e vanno molto al di sotto delle aspettative. L’oriundo Nino Minicuci (Lega), da Melito Porto Salvo, prelevato da Matteo Salvini da Genova con la benedizione del presidente ligure Giovanni Toti, arranca con un modesto 33%, ben 24 punti sotto il risultato della destra alle regionali di 8 mesi fa. L’exploit è di Angela Marcianò, funambola della politica locale, capace di passare da Falcomatà alla destra postfascista della Fiamma Tricolore in un paio di anni. Per lei nel 2017 anche una scrivania al Nazareno. Matteo Renzi la volle nella segreteria nazionale dem. Quando si insediò disse: «Dirsi di sinistra o di destra oggigiorno è anacronistico, conta la coerenza degli atti. La gente guarda la persona, non più l’ideologia». Si è candidata con la destra radicale e populista. Nella città del «boia chi molla» ha ricevuto il 13,5% dei voti anche per il voto disgiunto. Le sue liste hanno conseguito appena il 6%. Ottimo risultato per la sinistra di alternativa di Saverio Pazzano e della sua lista La Strada: oltre il 7%, un punto di partenza per una sinistra di movimento e autonoma. Crollano i grillini con percentuale da prefisso telefonico. Bene invece il massmediologo italo-svizzero Klaus Davi che con il 4% potrebbe entrare in consiglio.

Situazione inedita a Crotone. Al ballottaggio arriva il centrodestra con Antonio Manica e la sua corazzata di 10 liste e 320 aspiranti consiglieri, favorito alla vigilia e che si attesta poco sopra il 40%. Lo sfidante è il carneade Enzo Voce, a capo di una coalizione populista. Tra i due ballano pochi punti. Decisivo sarà l’atteggiamento del centrosinistra fermo al 17% e già orfano del Pd che aveva rinunciato alla contesa per non aver raccolto il numero minimo di candidati. I 5 stelle deludono e si fermano al 5%. «Il voto incrociato e disgiunto è il trait d’union delle due elezioni cittadine- commenta Filippo Sestito, animatore della sinistra sociale calabrese- ed è il sintomo di una cultura politica arretrata e trasversale. A Crotone, Voce lo ha persino teorizzato e richiesto esplicitamente ai cittadini con un appello spregiudicato. Si affermano fenomeni antipolitici e populisti e l’81% del Si al referendum in regione ne è la riprova. Quanto a Reggio conforta il risultato di Pazzano che dimostra come un’idea e una pratica di sinistra nuova e diversa dal moderatismo del Pd sia possibile e necessaria. Da Reggio, da Polistena e da Cinquefrondi la sinistra può e deve ripartire».