Non vuole parlare dell’omicidio di Giulio Regeni, per non rievocare «ricordi dolorosi» e la «profonda ferita» nelle relazioni tra i due paesi, che da poco «ha cominciato a guarire». È questa la premessa dell’ex ambasciatore egiziano a Roma, Amr Helmy, nella lunga intervista concessa il 28 febbraio al quotidiano al-Youm al-Sabea.

Un bilancio dei suoi quattro anni in Italia che fa luce su alcuni retroscena interessanti della politica estera italiana verso l’Egitto. Helmy, una lunga carriera diplomatica alle spalle, nominato ambasciatore in Italia nel marzo 2013, ha attraversato una fase piuttosto complicata delle relazioni italo-egiziane, ma oggi si compiace dei «successi» ottenuti.

Nell’intervista il diplomatico ripete ossessivamente la teoria secondo cui una cospirazione di Paesi mediorientali avrebbe tentato di minare le relazioni strategiche tra Italia ed Egitto, prima con la bomba al consolato italiano nel luglio 2015 e poi sfruttando politicamente «il caso dello studente Giulio Regeni».

L’obiettivo del complotto, afferma Helmy, sarebbe stato il rapporto tra Eni ed Egitto e in particolare lo sviluppo del giacimento di Zohr, scoperto ad agosto 2015 e capace di ripagare Eni di anni di lavoro e miliardi di euro investiti. Il giacimento di gas naturale è il più grande del Mediterraneo e una delle maggiori scoperte degli ultimi dieci anni: entrato in funzione a dicembre 2017 con sei mesi di anticipo rispetto ai tempi attesi, è oggi il fiore all’occhiello di Eni.

E proprio Eni avrebbe giocato un ruolo decisivo nel salvare i rapporti tra Italia ed Egitto, continuando a lavorare alacremente allo sviluppo di Zohr e facendo così fallire il presunto tentativo di sabotaggio di «alcuni Paesi», che a un certo punto avrebbe seriamente messo a rischio la concessione del colosso petrolifero italiano.

Helmy ricorda i suoi numerosi incontri con l’amministratore delegato Descalzi, che lo avrebbe sempre rassicurato dell’impegno a proseguire le operazioni di sviluppo dei giacimenti, a cui l’Egitto ha collaborato realizzando in tempi record le infrastrutture necessarie.

Oggi l’Egitto grazie a Zohr può diventare una «potenza energetica» regionale, un hub del gas per il Mediterraneo, afferma Helmy con orgoglio. Il sogno è tornare a essere un esportatore di gas, anche se una recente inchiesta della piattaforma indipendente Mada Masr mette in dubbio queste previsioni, che non terrebbero conto del fabbisogno egiziano di gas.

Ma la parte più interessante dell’intervista riguarda la politica italiana. Helmy ammette che i rapporti con l’Italia non sono sempre stati così idilliaci negli ultimi anni. Punta il dito contro il governo Letta e l’allora ministro degli Esteri Bonino, che avevano accolto in modo poco amichevole il colpo di stato del luglio 2013, con cui l’esercito aveva deposto il presidente eletto Morsi.

Il governo italiano era troppo «condizionato» dalla posizione degli altri paesi europei, ma già da allora, continua Helmy, «i servizi di sicurezza italiani, alcune importanti personalità politiche e alcuni leader di partito esterni al governo» erano consapevoli del rischio che un Egitto guidato dalla Fratellanza Musulmana potesse diventare un «nuovo Iran». E spingevano per un cambio di passo nelle relazioni bilaterali.

Tutto cambia, aggiunge Helmy, con l’arrivo di Renzi nel febbraio 2014. Nel loro primo incontro Mogherini, nuova titolare degli Esteri, avrebbe rassicurato pienamente l’ambasciatore: «Dimentica il passato. Da oggi l’Egitto avrà l’appoggio politico ed economico dell’Italia».

E infatti da allora è un susseguirsi di missioni ufficiali di ministri al Cairo, due della stessa Mogherini, una di Alfano e una del ministro della Difesa Pinotti, che prepareranno la visita di al-Sisi a Roma nel novembre 2014, primo viaggio europeo del presidente eletto con il 97% dei voti.

L’apertura dell’Italia si concretizza da subito con la cancellazione del divieto all’esportazione di armi e camionette anti-sommossa per la polizia egiziana. Da lì è un susseguirsi di intese e scambi di delegazioni commerciali di alto livello. Compresa quella arrivata al Cairo quel 3 febbraio 2016, che stappava bottiglie mentre il corpo martoriato di Giulio Regeni veniva ritrovato sul bordo di un’autostrada a poca distanza.