Giulio Regeni è stato torturato per sette giorni. Non è chiara la scansione precisa delle torture né i luoghi di detenzione ma il dottorando friulano sarebbe stato colpito dai suoi carnefici almeno in tre momenti diversi durante la sua detenzione con intervalli di 12-14 ore. Non è chiaro a quale distanza temporale si può collocare la tortura di Giulio rispetto all’arresto che è avvenuto la sera del 25 gennaio. Le violenze devono aver avuto luogo a ridosso della morte del giovane, avvenuta 6-7 giorni dopo la scomparsa e dovuta alla frattura delle vertebre cervicali. Quindi tra il 30 e il 31 gennaio, mentre il cadavere è stato ritrovato il 3 marzo lungo una strada della periferia del Cairo.

Questi nuovi particolari agghiaccianti, che confermano le chiare responsabilità della polizia egiziana nella morte dello studente, sono state rese note dal medico legale che ha effettuato la prima autopsia di Giulio Regeni. Hisham Abdel Hamid è stato sentito dal procuratore di Giza, Ahmed Naji, che ha confermato i contenuti della testimonianza a giornalisti Reuters e al giornalista investigativo egiziano Ahmed Ragab. Quest’ultimo si è già distinto per alcuni reportage molto ben informati sul caso Regeni, pubblicati da Masry al-Youm, giornale filo-governativo nel quale però tra il 2011 e il 2013 hanno transitato molti giornalisti indipendenti.

In un’inchiesta pubblicata nei giorni scorsi, Ragab aveva riferito degli incontri che Giulio Regeni aveva avuto con alcuni tra i più noti sindacalisti egiziani, tra questi Fatima Ramadan e Amr Assad. Il giovane friulano si occupava di sindacati indipendenti in generale ma stava concentrando la sua attenzione nell’ambito della ricerca partecipativa, approvata dall’Università di Cambridge, sulle rappresentanze sindacali dei collettori di tasse. Non solo, lo stesso Ragab aveva individuato in Khaled Shalaby, il capo della polizia investigativa che si sta occupando del caso, un noto torturatore condannato nel 2003 dal Tribunale di Alessandria.

Le ricostruzioni della procura di Giza, che confermano le torture, sono state smentite dal ministero della Giustizia del Cairo. Ormai lo scontro tra magistrati che si occupano dell’inchiesta e governo egiziano è al suo apice. Non solo, il ministero della Giustizia ha negato la testimonianza del medico legale ma ha anche minacciato che saranno presi provvedimenti contro chiunque diffonderà notizie del genere. «Sono certo delle mie fonti e delle loro ricostruzioni», ha confermato Ahmed Ragab al manifesto.

Ragab e il collega Moustafa Elmarsafawy hanno anche riferito che il telefono di Giulio Regeni si è spento intorno alle 20:20 del 25 gennaio per tornare attivo brevemente il 26 gennaio: 12 ore dopo la sua scomparsa. I giornalisti credono che localizzare una telefonata che il giovane avrebbe ricevuto quel giorno potrebbe servire per chiarire quale sia stato il suo effettivo luogo di detenzione. Invece, il quotidiano filogovernativo Akbar Al Youm ha diffuso l’ennesimo depistaggio sostenendo di nuovo la tesi della vendetta personale, questa volta da parte di «uno dei responsabili delle sue attività» presso Oxford Analytica, la fondazione con la quale Regeni collaborava.

Ma la violazione dei diritti umani non riguarda solo il caso Regeni, sono centinaia i desaparecidos e i prigionieri politici in Egitto. Con lo slogan «Sono umano», decine di detenuti, tra cui nove giornalisti, hanno iniziato ieri uno sciopero della fame per chiedere visite dei familiari e quantità adeguate di cibo e acqua. «Nessuno vuole che se ne parli», è stato il commento al quotidiano indipendente Mada Masr della moglie di uno dei detenuti, Gaafar. I reporter hanno inviato una lettera al Sindacato dei giornalisti per denunciare la «morte lenta» a cui vanno incontro. Il sindacato ha mandato varie richieste di affrontare la questione delle condizioni disumane di detenzione e delle violazioni dei diritti umani dei prigionieri politici. Anche la Rete araba per i diritti umani ha condannato gli «eccessi del ministero dell’Interno» in riferimento alle rigide condizioni di detenzione in Egitto.

Durante un’audizione parlamentare, il Segretario di Stato Usa, John Kerry, ha riferito sullo stato dei diritti umani in Egitto esprimendo la sua preoccupazione. «Abbiamo assistito ad un deterioramento del rispetto dei diritti umani con arresti di giornalisti e di personalità della società civile», ha spiegato. Il deputato democratico, Patrick Leahy, ha espresso preoccupazione per il corso che la leadership egiziana sta prendendo compiendo gli stessi errori che in passato hanno causato sollevamenti popolari. Durante l’audizione è stato citato anche il caso del bimbo di quattro anni condannato a morte nell’ultima sentenza che ha rinviato al boia centinaia di islamisti.

Infine, continua lo sciopero dei medici, costretti dalla polizia a falsificare i report dei torturati. Con lo slogan «Una sanità gratis è nei tuoi diritti», sono centinaia poi i medici che hanno aderito in tutto il paese alla campagna contro i tagli alla spesa pubblica, disposti dal regime militare.