Nel giorno in cui Al Sisi blinda le sue forze di sicurezza, scudandole da una possibile incriminazione nell’omicidio di Giulio Regeni, il governo Renzi rimane in silenzio, in attesa di concludere le consultazioni con l’ambasciatore Massari rientrato a Roma, e con i partner europei. Gli eletti italiani a Strasburgo premono intanto sul Consiglio europeo perché l’Italia non venga lasciata sola nella crisi diplomatica che si è aperta con l’Egitto.

Ma ogni decisione è rinviata: l’Alto rappresentante per gli affari esteri, Federica Mogherini, che secondo quanto riferito dalla sua portavoce Chaterine Ray «sta seguendo da vicino, con le autorità italiane», il caso, ed «ha incontrato il ministro degli Esteri Gentiloni a margine del G7 in Giappone», per il momento si dice solo «pronta ad esplorare i migliori modi che l’Italia potrà usare nella ricerca della verità».

Tra i tanti possibili, ce n’è uno, per esempio, che viene caldeggiato da Amnesty e dall’Osservatorio permanente della rete per il disarmo: sospendere l’invio di armi in Egitto. «Lo scorso anno dalla provincia di Urbino sono stati esportati 3.660 fucili che sono andati con molta probabilità alle forze di sicurezza egiziane», denuncia Giorgio Beretta, analista dell’Opal, durante un seminario a Palermo sul «costo dell’insicurezza». Con quasi 307 milioni di euro di esportazioni, infatti, l’Italia si conferma il principale esportatore tra i paesi Ue e mondiale di armi comuni, con «autorizzazioni rilasciate dal governo nonostante sia tuttora in vigore la decisione del Consiglio dell’Ue di sospendere le licenze di esportazione all’Egitto di ogni tipo di materiale che possa essere utilizzato per la repressione interna. L’Italia risulta l’unico Paese europeo ad aver fornito nel biennio 2014-15 sia pistole e revolver che fucili e carabine alle forze di polizia e di sicurezza del regime di Al Sisi».

«Se vogliamo essere credibili nei confronti dell’Egitto per chiedere la verità sul caso Regeni – conclude Beretta – dobbiamo sospendere immediatamente l’invio di armi e promuovere una risoluzione all’interno dell’Unione Europea». Infatti, nella risoluzione sul caso Regeni approvata a marzo dalla stragrande maggioranza del Parlamento europeo si invitavano soltanto gli Stati membri ad attenersi alle regole, in materia di «esportazione di tecnologie e attrezzature militari e cooperazione nel settore della sicurezza».

Ma quel documento invitava anche Mrs Pesc «a riferire in merito allo stato attuale della cooperazione militare e di sicurezza degli Stati membri con l’Egitto e a definire, in stretta consultazione con il Parlamento europeo, una tabella di marcia recante le misure concrete che le autorità egiziane dovranno adottare per migliorare in maniera significativa la situazione dei diritti umani e conseguire una riforma globale del sistema giudiziario».

Appunto di democrazia e di rispetto dei diritti umani hanno discusso i parlamentari europei delegati alle relazioni con i Paesi del Mashreq e i membri della sottocommissione Droi in una riunione congiunta con una delegazione di deputati egiziani. Proprio mentre lo striscione giallo della campagna «Verità per Giulio Regeni» veniva srotolato nel cortile della sede di Strasburgo, sostenuto in silenzio da una quarantina di deputati appartenenti a vari gruppi: Socialisti e democratici, Ppe, M5S, Lista Tsipras e Lega Nord. Il presidente del gruppo S&D, Gianni Piettella, ha poi chiesto esplicitamente alla Commissione di rivedere i rapporti con l’Egitto. Di sanzioni però al momento non se ne parla: secondo la portavoce di Mogherini, invece, «la Ue è in costante dialogo con l’Egitto su questo (Regeni, ndr) ed altri casi, e con l’Italia per trovare ogni altro modo per coordinarci».

Intanto a testimoniare la storia e le idee di Giulio Regeni, che alle lotte democratiche aveva dedicato i suoi studi, saranno una trentina di ragazzi di Fiumicello, suo paese natale, che parteciperanno al Meeting di pace delle scuole d’Italia che si svolgerà nel prossimo week end ad Assisi, contemporaneamente alla Marcia della Pace. Il Meeting sarà dedicato a lui, al «ragazzo che non sapeva cosa fosse l’indifferenza».