Già nel 2008 era stata sciolta per infiltrazione di ’ndrangheta. Il controllo venne affidato a un generale dei carabinieri. Quella gestione finì nel 2010. L’onta dello scioglimento, l’Asp di Reggio Calabria la subì poi anche nel 2017. Se qualcuno volesse trovare i responsabili del disastro della sanità calabrese dovrebbe scavare a fondo nel buco nero dell’azienda reggina. I magistrati della Dda della città dello Stretto lo hanno fatto. E hanno scoperto che l’Asp sarebbe stata negli anni una succursale dei Piromalli di Gioia Tauro. Regali e soldi per corrompere medici e professionisti in servizio e per imporre l’acquisizione di forniture mediche negli ospedali nella provincia.

Il procuratore Giuseppe Bombardieri lo ha spiegato dettagliatamente snocciolando i particolari dell’operazione Chirone, con 14 misure cautelari tra Reggio, Catanzaro e Bologna. «L’indagine giunge in un momento molto delicato per la sanità regionale e con due Asp commissariate (Reggio e Catanzaro, ndr) per infiltrazioni mafiose- ha sottolineato – oggi parliamo delle infiltrazioni della cosca Piromalli attraverso delle aziende controllate dalla famiglia Tripodi. Il ruolo dei due fratelli Tripodi, Giuseppantonio e Francesco, entrambi deceduti nel 2018, era emerso già in altre dichiarazioni di collaboratori che li indicano come intranei alla cosca».

Si tratta di due medici gioiesi che avrebbero gestito gli interessi nella sanità per conto del clan attraverso il centro clinico Minerva e per mezzo di altre due società. La cosca sarebbe riuscita ad ottenere gli ordinativi per la fornitura dei materiali medicali negli ospedali di Gioia, Polistena, Locri e presso il nosocomio del capoluogo. Con un oliato sistema di appalti e assunzioni i Piromalli avrebbero così messo le mani sull’Asp. Le società riuscivano ad accaparrarsi le forniture di prodotti sanitari, sia ricorrendo a procedure di affidamento diretto sia attraverso un collaudato metodo di corruttela del personale medico e paramedico, deputato ad eseguire la richiesta di approvvigionamento.

Le indagini hanno poi ricostruito come i Tripodi potessero vantare relazioni privilegiate con Salvatore Barillaro, attuale direttore del distretto sanitario del Tirreno reggino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

L’Asp di Reggio si conferma, dunque, la più disastrata e mal governata d’Europa come certificato dai tecnici di Bruxelles. Chi ha provato a scoperchiare la pentola bollente è stato Santo Gioffrè, ginecologo ed ex commissario straordinario. Venne defenestrato dopo un anno. Gioffrè sulla vicenda ha pubblicato di recente il libro Ho visto, edito da Castelvecchi. Ha chiesto, invano, a più riprese l’istituzione di una commissione d’inchiesta. «L’Asp di Reggio Calabria è stata, e forse è ancora, una delle fonti principali di approvvigionamento e di accumulo di fondi neri e arricchimenti illeciti in Italia. Dentro l’Asp, fin dal 2005, è stato creato un sistema perfetto, un’abile rifrazione della logica. Tutto questo ha appagato ogni bisogno» ha scritto.