Vili. Ma pochini. Come da tradizione. Non è la tv, è solo uno spartitraffico lontano dal resto del mondo, su un lato della Stazione Centrale. Una trentina di leghisti si sono radunati lì, protetti dalla polizia. Lo chiamano presidio. Doveva arrivare anche Salvini, pare che il questore lo abbia convinto a desistere. O forse era solo una leggenda.
Fatto sta che la messa in scena contro il gruppo di migranti assistiti in una struttura di plexiglass fuori dalla stazione ha chiamato a raccolta la famiglia allargata dell’antirazzismo militante: “Refugees welcome”, anche se i rifugiati stanno arrivando da un anno e mezzo. La presenza in piazza è doverosa, sono circa duecento persone, molti ragazzi, amici che si incontrano, ma è un presidio meno rituale del solito grazie a una partitella di calcio inventata dal Cantiere. Qualche africano ci sta e la palla comincia a rotolare. Gli altri migranti se ne stanno sotto i portici. Fanno la fila per bere e mangiare, c’è di tutto, fraternizzano con i volontari. I bambini hanno avuto i giocattoli, un cartello avvisa di portare le cose negli altri centri di raccolta. Si dice “grande generosità dei milanesi”.
A volte è vero. Sono bastati due giorni per risolvere una situazione tutto sommato sotto controllo, come hanno detto il questore e il prefetto di Milano nonostante le provocazioni di Maroni. L’altra notte 1.300 profughi hanno dormito in otto strutture messe a disposizione dalla prefettura e dal terzo settore. Il ministro degli Interni Alfano ieri era in città per complimentarsi con le autorità e con se stesso, nonostante il governo non abbia mai mosso un dito. Il sindaco Pisapia, invece, ha avanzato la richiesta che “non vengano inviati ulteriori profughi in città”. Dice che più di così Milano non può fare e chiede la ridistribuzione nelle diverse regioni.