C’è un’altra riforma costituzionale, di appena un articolo più breve di quella sul taglio dei parlamentari che andrà a referendum, che può farsi spazio nel calendario «emergenziale» della camera dei deputati. Nell’elenco che ha fatto ieri Zingaretti, intervistato dal Corriere della Sera, è rimasta fuori, dimenticata. Perché il segretario del Pd è tornato a chiedere l’approvazione (almeno alla camera) della nuova legge elettorale entro la data del referendum. Il tema è sempre quello della difficoltà del Pd a impegnarsi per il «Sì». Accanto alla legge elettorale, Zingaretti ha ricordato l’impegno della maggioranza a riformare i regolamenti parlamentari, conseguenza persino ovvia della riduzione del numero di deputati e senatori, eppure fin qui trascurata. Non ha detto nulla, probabilmente perché si tratta di una modifica di dettaglio anche difficile da spiegare, sul cambio della base elettorale del senato e sulla riduzione dei delegati regionali per l’elezione del presidente della Repubblica. La mini revisione costituzionale che però è forse l’unica cosa che il Pd e Leu riusciranno a ottenere (in prima lettura su quattro, s’intende) in tempo per il referendum costituzionale.

Martedì riaprono i lavori della commissione affari costituzionali di Montecitorio, il terreno dove si può trovare un accordo in tempo per il referendum. All’ordine del giorno c’è tutt’altro, ma un ufficio di presidenza convocato nel pomeriggio può cambiare le carte in tavola. Perché Italia viva ha dato segnali di disponibilità, quanto meno a non mettersi di traverso rispetto ai primi passi della legge elettorale. Chiuse le audizioni – durante le quali lo schema di proporzionale con sbarramento al 5% ha ricevuto elogi e critiche dagli esperti – si tratta di adottare il testo base. Che sarà quello del presidente della commissione, il 5 Stelle Brescia, che fotografa un accordo di maggioranza firmato a febbraio anche da Italia viva ma non da Leu. Un primo passo, per il quale serve un voto della commissione: basterà però che Iv e Leu si astengano perché il testo venga adottato di strettissima maggioranza, anche ipotizzando un fronte compatto e presente delle opposizioni. Questo passaggio può avvenire tra mercoledì e giovedì della prossima settimana e aiuterebbe Zingaretti nella gestione della direzione del partito che, come annunciato, proprio la prossima settimana dovrebbe decidere la linea sul referendum ormai imminente. Va detto però che l’esame degli emendamenti sulla legge elettorale può partire non prima dell’8-9 settembre e che certamente non sarà troppo rapido, visto che ci sono molte questioni aperte nella maggioranza: anche a non considerare il mutevole giudizio di Renzi sul proporzionale, c’è il problema dell’altezza della soglia di sbarramento (ora al 5%) e delle preferenze (nel testo Brescia non sono previste). Dai 5 Stelle arriva una disponibilità tanto generale quanto generica: «I patti li rispettiamo e siamo disponibili a dare il nostro contributo in qualunque momento», dice Crimi. Ma il centrodestra può approfittarne per fare ostruzionismo e guadagnare un po’ di visibilità a ridosso delle regionali. Tempo per approvare la legge elettorale non solo in commissione ma anche in aula non ce n’è (anche perché la fiducia è esclusa e fin qui durante l’emergenza è stata sempre necessaria).

Diverso il discorso sulla legge costituzionale di cui è primo firmatario e relatore il capogruppo di Leu Fornaro che punta a riequilibrare, per quanto possibile, il taglio alla rappresentanza che deriva dalla riduzione dei parlamentari. La via scelta è quella di cancellare la disposizione costituzionale che oggi prevede che il senato sia eletto a base regionale, riconsegnando alle liste più piccole la possibilità teorica di eleggere senatori. Oltre a questo si riduce proporzionalmente (da tre a due per regione) il numero dei delegati regionali che con il parlamento in seduta comune eleggono il capo dello stato. È una legge costituzionale, dunque l’iter è più lungo. Ma il testo base c’è già e i problemi politici sono assai minori. Oltre al fatto che si tratta di una legge dello stesso rango di quella sul taglio dei parlamentari che si intende «riequilibrare» (la legge elettorale invece è legge ordinaria). In questo caso, assai più che nel caso della legge elettorale, ipotizzare un primo sì della camera entro il 20 settembre non è vietato.