Nle corso della direzione del Pd di domani «si parlerà di elezioni amministrative, del referendum sulle trivellazioni e non della questione Verdini perché alla direzione del partito democratico si parla del partito democratico». E Denis Verdini, deve a questo punto precisare la vice segretaria Debora Serracchiani, non ne fa parte: «La sua è un’altra forza politica». Che il condannato per corruzione sia un alleato stabile e necessario del governo è considerata questione irrilevante. Anzi una «bufala», come spiega direttamente Matteo Renzi, che nella sua enews settimanale inserisce il generico capitolo «i condannati» all’interno di un lungo elenco di «bufale» propagandate, sostiene, dai suoi avversari. Nell’elenco c’è anche il referendum sulle trivelle. All’inedita scelta di schierare il partito per il non voto si dedicherà il presidente del Consiglio nel suo intervento di domani al Nazareno. Con quali toni l’hanno già fatto capire i due vice Serracchiani e Guerini. «Vedremo chi ha i numeri e potrà utilizzare il simbolo del Pd», hanno detto per stroncare le proteste del presidente della regione Puglia Emiliano, dei tanti consiglieri regionali del partito che hanno promosso il referendum e dei dirigenti della minoranza contrarissimi alla scelta astensionistica comunicata in sordina mercoledì scorso all’Autorità di garanzia sulle comunicazioni.
Sul referendum Renzi dovrà tenere qualche cautela formale, non a caso stavolta la scelta astensionistica è stata presentata come un’iniziativa dei due vice e non del segretario: che il presidente del Consiglio inviti gli elettori ad andare al mare non si è visto neanche ai tempi di Craxi o Berlusconi. Non cambia la sostanza, che vede il governo preoccupatissimo di un’eventuale sconfitta in un referendum che pure giura essere «inutile». Dimostrazione di quanto a palazzo Chigi e al Nazareno ci si preoccupi di evitare un precedente scomodo in vista della «madre di tutte le battaglie», ancora su un referendum, ma quello costituzionale di ottobre.

Anche in occasione di altre direzioni Pd, però, i toni forti della vigilia sono stati dismessi nel corso della riunione, e la minoranza alla fine non è andata oltre la non partecipazione al voto. Stavolta si è fatto sentire Enrico Letta: «Mi aspetto che chi guida si assuma l’onere dell’inclusione e non quello di cacciare in pezzo del Pd». L’ex presidente del Consiglio, sostituito proprio da Renzi due anni fa e da allora osservatore assente della politica italiana, sta intensificando le sue uscite pubbliche e dopo l’intervista di ieri al Corriere della Sera avrà un’occasione importante per il rientro mercoledì prossimo. Quando, alla presenza del capo dello stato, presenterà alla camera un numero speciale della rivista Arel dedicato al suo maestro Beniamino Andreatta. Lo precedono gli attestati di stima della minoranza Pd. «Letta giustamente rivela che il Pd vive una crisi di valori, di comportamenti e di prospettive che bisogna contrastare dall’interno del partito», ha detto il senatore Gotor. «Un grande partito popolare come il Pd necessita di uno sforzo di sintesi a cui questa gestione ha assolutamente abdicato», ha aggiunto il senatore Fornaro. «Non ci sono rese dei conti, nessuno sta cacciando nessuno», ha invece replicato a Letta ancora la vice segretaria Serracchiani.
Ma la divergenza di opinioni tra il vertice e tanti amministratori locali del partito sulla posizione da assumere nel referendum del 17 aprile è destinata ad alimentare altri scontri. Al sindaco di napoli Luigi de Magistris che ieri ha twittato «A Napoli cozze e vongole, no trivelle» ha immediatamente risposto il presidente della Puglia Emiliano. «Grazie Luigi, ora è sempre Resistenza». Emiliano, iscritto Pd, interverrà alla direzione di domani, e ai suoi follower che ieri lo hanno criticato per i toni resistenziali un po’ eccessivi, ha risposto rincarando la dose a ogni passaggio. «Resistenza? Guarda che ormai siamo a questo punto», «siamo davanti a un pericolo per la democrazia se non utilizziamo i referendum», «questo atteggiamento del mio partito è preoccupante, almeno per me».