Se Pierluigi Castagnetti ha gettato il suo sasso, Angelino Alfano sta provando a far partire la frana, per ottenere lo spostamento del referendum costituzionale.

Le ragioni sono di pura convenienza: il No è in testa nei sondaggi; Ncd è schierato per il Sì ma soprattutto nell’eventualità di una crisi non potrebbe sperare conservare il suo posto d’onore: tre ministri, un vice e un plotone di sottosegretari con appena l’1% dei voti nei sondaggi. E così malgrado il giorno di festa, prima il senatore Sacconi e poi il deputato Cicchitto hanno espresso enorme preoccupazione per i terremotati del centro Italia che, sostengono, non potranno votare il 4 dicembre. «Ci sono da 30 a 100mila sfollati che verranno privati della possibilità di intervenire sul referendum», ha detto Cicchitto. E ha aggiunto che «il problema va posto anche al presidente della Repubblica». A Mattararella si è rivolto già Sacconi: «Potrebbe assumere una cauta iniziativa rivolta alla sostituzione del mese di conflitto elettorale con una fase di responsabilità repubblicana». Gli appelli al Colle si spiegano con il fatto che il primo a lanciare l’ipotesi dello slittamento sia stato Castagnetti, assai vicino al capo dello Stato.

Anche a Renzi farebbe comodo lo spostamento, ma il presidente del Consiglio lunedì ha detto che un rinvio causa terremoto «non esiste», aggiungendo però «per quanto mi riguarda». Anche lui aspetta la decisione del tribunale di Milano che nei prossimi giorni se non nelle prossime ore potrebbe rinviare la legge sul referendum alla Consulta, per sospetta incostituzionalità laddove non prevede i quesiti parziali. Alla causa dell’avvocato Tani ed altri in piedi da giugno si è aggiunta quella dell’ex presidente della Corte costituzionale Onida. Il rischio che il quesito sulla Renzi-Boschi possa risultare incostituzionale sarebbe argomento per rinviare il referendum, ma a decidere dovrebbero essere il governo e il Quirinale, non la giudice di Milano.