Un anno fa, il 26 maggio del 2013, si teneva a Bologna il referendum consultivo sul finanziamento delle scuole dell’infanzia paritarie private da parte del Comune di Bologna promosso dal Comitato Articolo 33.

Il risultato fu una vittoria schiacciante per l’opzione “A” (che contemplava l’impiego esclusivo dei fondi del Comune di Bologna per il sostegno alle scuole dell’infanzia statali e comunali) contro l’opzione B (che contemplava al contrario il mantenimento del sistema delle convenzioni con le scuole private attraverso una convenzione pluriennale tra il Comune stesso e la FISM, Federazione italiana scuole materne, formata solo, con una sola eccezione, da scuole di tendenza controllate, direttamente o meno, dall’Arcidiocesi di Bologna): 59% contro 41% (ovvero 50.000 elettori a favore dell’opzione A e 36.000 a favore dell’opzione B).

Risultato non scontato, visto che a favore dell’opzione B si erano schierate tutte le forze politiche presenti in Consiglio Comunale (con la lodevole eccezione di SEL e di M5S, 6 consiglieri su 50), nonché la Curia arcivescovile, la Lega Coop (quella di Poletti, proprio lui, ebbene sì), il presidente della CEI Card. Bagnasco, e tutti i corpi intermedi di stampo economico (CNA, Confcooperative, Associazione Commercianti) e sindacale (CISL e UIL per il mantenimento del finanziamento, CGIL spaccata verticalmente).

Con questo voto le cittadine e i cittadini di Bologna si espressero con chiarezza palmare per la difesa e l’estensione del diritto dei bambini a frequentare una scuola che sia gratuita ed in cui sia assicurata la libertà d’insegnamento. Si espressero anche per la difesa della Costituzione e dei diritti sociali che in essa sono garantiti.

La cronaca del dopo voto è tutto sommato assai semplice: il sindaco Merola e il suo partito, il PD, decisero di non tenere in considerazione il referendum. Dopo ben due mesi dal voto, il 31 luglio, il Consiglio Comunale votò il rinnovo delle convenzioni (con il voto favorevole di PD, PDL, Lega, UdC, ex IDV). Contro si espressero SEL, M5S, l’indipendente Salsi.
Rimarchevole il significato politico del voto. Con questo voto contrario alla volontà popolare il PD entra decisamente nella post-democrazia, anticipando la svolta di Renzi.

La giustificazione proclamata dal PD fu duplice: da un lato rivendicò l’azzeramento delle liste d’attesa per le scuole dell’infanzia, dall’altro addusse come giustificazione la non altissima partecipazione al voto (30%). Ad un anno di distanza entrambe le giustificazioni si sono rivelate fantasmatiche: la lista d’attesa per l’anno scolastico 2014-2015 assomma a ben 330 bambini e ben 26 sezioni di scuola dell’infanzia statale sono state “declassate” a frequenza solo antimeridiana.

Ancora, il 30% d’affluenza alle urne per un referendum consultivo si rivela un risultato assai lusinghiero alla luce della partecipazione.

Il dato politico che è emerso con forza dalla vicenda del referendum di Bologna è a nostro giudizio il seguente: a fronte dell’insorgenza della cittadinanza attiva, innestata nella tradizione repubblicana, socialista e poi comunista di Bologna, il sistema di potere della città (salvo poche eccezioni come si è già detto) ha reagito chiudendosi a riccio, invocando una sterile e vuota.

Di più, il PD ha continuato nella sua strategia di demolizione dei servizi sociali gestiti direttamente dal sistema pubblico, inaugurato fin dal 1994 dalla Giunta Vitali-Delbono, a favore di un cosiddetto sistema “integrato” pubblico-privato. Questo non solo nell’ambito della scuola dell’infanzia, ma anche in quello della refezione scolastica (gestito da una società, la Seribo, di proprietà del Comune al 51% e al 49% della Lega Coop e di una multinazionale francese) e di altri servizi pubblici (come quello delle utilities) che realizzano pingui utili con le rette e le tariffe pagate dai cittadini (una sorta di tassazione indiretta, e quindi fortemente regressiva).

Ma questa strategia si è infranta di fronte alle proteste dei cittadini, auto-organizzati in comitati spontanei sorti dal “basso”. I comitati mensa hanno recentemente indetto uno sciopero della mensa che ha coinvolto oltre il 50% degli alunni, nonostante il boicottaggio del Comune (non sono per niente degli sportivi, quelli della Giunta Merola, ma di questo ce ne eravamo già accorti durante l’organizzazione del referendum). Ed il Sindaco ha dovuto accettare di incontrare i comitati dei genitori ed è addivenuta una sostanziale capitolazione di fronte alle loro rivendicazioni (prezzi più bassi, maggior presenza di alimenti biologici).

Le lotte dei cittadini, ed anche dei sindacati e dei partiti di sinistra in maggioranza in regione, hanno anche bloccato nel luglio 2013 il tentativo di portare la scuola dell’infanzia comunale nell’ambito dei servizi alla persona tramite la legge regionale sulle ASP, che fu emendata all’ultimo minuto.

Il fronte aperto in questi giorni riguarda l’affidamento alla Lega Coop della gestione di tre sezioni di scuola dell’infanzia, che rimarrebbero formalmente a gestione comunale. Si tratta di un provvedimento a nostro parere incostituzionale, contro il quale SEL, che è in maggioranza ed in Giunta, ha minacciato il passaggio all’opposizione. Infine, approfittando di un comma della legge di stabilità introdotto da una senatrice del PD, la Giunta vuole affidare tutte le scuole dell’infanzia comunali e gli asili nido del Comune ad nuovo soggetto, un’istituzione, che accentua il carattere aziendale e tecnocratico della gestione (altro tratto distintivo della post-democrazia.

In sostanza, di fronte alla crisi della democrazia rappresentativa il PD di Bologna (e non solo) ha deciso di “uscire a destra”, abbracciando simultaneamente una strategia di svuotamento dall’interno dei servizi sociali accompagnata d un intreccio pubblico-privato che mette a profitto per le imprese i beni comuni (come l’acqua) e che punta decisamente allo smantellamento della Costituzione, in questo appoggiata con entusiasmo dalla vecchia destra berlusconiana e neo-moderata.
E allora. Ci aiuta un piccolo apologo.

Qualche anno fa, nell’ambito dell’organizzazione di una festa di strada si pose la questione dell’allaccio ENEL per alimentare l’impianto di amplificazione. Qualcuno propose un allaccio volante, fuori dalle regole. Si oppose un compagno spagnolo, basco per l’esattezza, Xabier: noi baschi non rubiamo l’elettricità, prendiamo la centrale!

Di questo si tratta oggi compagni, di prendere la centrale, l’Europa.

* Candidati al Parlamento Europeo per la Lista “L’Altra Europa con Tsipras”, circoscrizione Nord-Est. Isabella Cirelli è stata presidentessa del comitato “Articolo 33” che ha vinto il referendum sulle scuole paritarie a Bologna nel 2013. Ivano Marescotti è attore e protagonista della vita culturale e intellettuale a Bologna