Si presenta anche il ministro in commissione, a seguire le prime audizioni dei costituzionalisti sul disegno di legge che introduce nell’ordinamento italiano il referendum propositivo. Fraccaro viene a difendere il suo testo dalle critiche, ma incassa anche qualche apprezzamento. L’atteggiamento dialogante stride però con l’intenzione di forzare i tempi di discussione della riforma, già inserita nell’affollato calendario d’aula di dicembre. Non ci sarà tempo per discuterla, ma servirà alla maggioranza per contingentare i tempi nel successivo mese di gennaio. Anche se è ormai fuori portata il rispetto di quanto annunciato da Di Maio, che prevedeva entro maggio l’approvazione della modifica costituzionale. In tempo cioè per farne argomento di propaganda alle europee. E si ignora ancora la posizione della Lega che anche ieri in commissione brillante per assenza.

Solo su un punto i sei costituzionalisti ascoltati (Pinelli, Bonfiglio, Palici di Suni, Morrone, Pertici e Volpi) si sono mostrati d’accordo: la necessità di prevedere un quorum di validità per il referendum propositivo – nel progetto firmato dal capogruppo M5S D’Uva è invece assente. Anche Pertici e Volpi, che più degli altri hanno evidenziato quanto il quorum nel referendum abrogativo sia diventato strumento di disincentivazione alla partecipazione, hanno indicato come percorribile la via del «quorum mobile», quello cioè parametrato all’affluenza delle precedenti elezioni politiche (in alternativa per Volpi si può studiare un «quorum di approvazione»).

L’argomento più dibattuto è stato quello dell’eventuale ballottaggio, nel referendum, tra due proposte di legge diverse, quella del parlamento e quella di iniziativa popolare. Per il deputato (e costituzionalista) del Pd Ceccanti in caso di sconfitta del testo parlamentare le camere andrebbero sciolte. Tesi condivisa da Morrone, secondo il quale il disegno di legge costituzionale in esame rovescia il principio della prevalenza della democrazia indiretta su quella diretta ed espone il parlamento al rischio di essere sfiduciato. «Questa è una concezione plebiscitaria del referendum», ha detto il ministro. Mentre il deputato M5S Forciniti si domandava «perché aver paura di un sistema in cui la maggioranza popolare può sfiduciare il parlamento?». «Si può avere una concezione non anti parlamentare della democrazia diretta», ha tradotto in formula corretta Volpi.

Altra questione fondamentale è quella dei limiti all’ammissibilità del referendum propositivo. Nel testo in esame sono quasi tutti impliciti – non c’è però quello alle leggi di spesa che è invece generalmente auspicato – e Fraccaro ha difeso la scelta. Per toccare il meno possibile la Costituzione, ha detto, e per lasciare aperta la strada alla ratifica dei trattati internazionali solo sottoscritti dall’Italia. Idea interessante, ma il suo governo è lo stesso che sta provando a tornare indietro anche dalle adesioni annunciate, vedi il caso del Global compact.